La tesi di dottorato affronta le linee evolutive della cooperazione giudiziaria in materia penale onde cogliere un percorso che, dalla nascita del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale, porta all’affermazione di un rapporto di cointeressenza tra il menzionato principio e il ravvicinamento delle discipline nazionali relative alle garanzie e ai diritti del soggetto coinvolto, quale imputato o indagato, nel procedimento penale. Nella menzionata tesi, infatti, si evidenzia l’emersione di una crescente attenzione delle istituzioni europee nei confronti dei diritti della persona nel processo penale; un’attenzione che, invero, affonda le sue radici nei limiti dei primi interventi normativi dell’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria penale. In un primo momento, infatti, all’indomani del noto vertice di Tampere del 1999, l’azione delle istituzioni europee si dirige verso l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie: il citato principio, divenuto- proprio in occasione del menzionato Consiglio europeo- il fondamento della cooperazione giudiziaria penale, si basa sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri nei rispettivi ordinamenti; l’esistenza di una reciproca fiducia tra i paesi europei avrebbe dovuto permettere la libera circolazione delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri dell’Unione. In realtà l’esperienza della prima, oltreché più nota, applicazione del principio del reciproco riconoscimento dimostra come la menzionata fiducia reciproca tra gli Stati membri non possa essere puramente e semplicemente proclamata, quasi come un dogma: la possibilità che gli ordinamenti nazionali considerino le decisioni giudiziarie degli altri Stati membri come equivalenti alle proprie impone un certo ravvicinamento delle legislazioni nazionali. La vicenda della “decisione quadro del Consiglio sul mandato d’arresto europeo e sulle procedure di consegna tra gli Stati membri” e del relativo recepimento sul piano interno, rappresenta un esempio emblematico di come la reciproca fiducia non possa essere presunta, ma debba essere costruita e di come l’assenza di un armonizzazione delle legislazioni nazionali possa, talvolta, tradursi in un ostacolo al funzionamento del reciproco riconoscimento. Nella tesi di dottorato vengono esaminate, pertanto, le forti resistenze manifestate dal nostro legislatore nei confronti della decisione quadro 2002/584/GAI. La legge 69/2005 e i suoi numerosi esempi di scollamento rispetto ai contenuti della decisione quadro lasciano trasparire chiaramente - nonostante i successivi interventi correttivi operati dalla giurisprudenza di legittimità- il timore, che mediante il riconoscimento delle decisioni giudiziarie le garanzie e i diritti dell’individuo, previsti dal sistema processuale interno, possano essere sacrificati. La vicenda del MAE mette in discussione il funzionamento del principio del reciproco riconoscimento e l’esistenza di una dogmatica fiducia reciproca tra gli Stati membri. Probabilmente, sono proprio le valutazioni a consuntivo di tale esperienza a determinare un mutamento di prospettiva nell’attività delle istituzioni europee. In un contesto istituzionale riformato dal trattato di Lisbona, vedono la luce il Programma di Stoccolma e la tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti processuali di indagati o imputati in procedimenti penali. Tali documenti programmatici sono la chiara manifestazione di una nuova acquisita consapevolezza in capo alle istituzioni eurounitarie: viene chiaramente affermata la necessità di dar vita a un processo di armonizzazione delle legislazioni processuali nazionali, volto a rafforzare quella reciproca fiducia necessaria al funzionamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie; una reciproca fiducia che non può presumersi ma che deve essere costruita. Sulla base dei menzionati documenti vengono adottate le prime direttive in materia di diritti processuali. Le direttive, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, oggetto di indagine nella seconda parte della presente tesi di dottorato, contribuiscono a rafforzare, attraverso la predisposizione di norme minime comuni, la fiducia reciproca tra gli Stati membri. Ancorchè connessa al più volte citato rafforzamento del principio del reciproco riconoscimento, l’adozione delle direttive citate rivela anche una rinnovata attenzione dell’Unione nei confronti dei diritti processuali della persona. Le direttive contengono norme minime comuni in materia di diritti e garanzie processuali nel procedimento penale, alle quali deve conformarsi il legislatore nazionale. La seconda parte della tesi di dottorato affronta, pertanto, i contenuti delle due direttive sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nel tentativo di cogliere le possibili ripercussioni delle norme europee sulla disciplina interna.

Lombardo, . (2014). Diritti processuali e garanzie della persona nella cooperazione giudiziaria penale: tra mutuo riconoscimento e armonizzazione.

Diritti processuali e garanzie della persona nella cooperazione giudiziaria penale: tra mutuo riconoscimento e armonizzazione

LOMBARDO, Emilia
2014-03-27

Abstract

La tesi di dottorato affronta le linee evolutive della cooperazione giudiziaria in materia penale onde cogliere un percorso che, dalla nascita del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale, porta all’affermazione di un rapporto di cointeressenza tra il menzionato principio e il ravvicinamento delle discipline nazionali relative alle garanzie e ai diritti del soggetto coinvolto, quale imputato o indagato, nel procedimento penale. Nella menzionata tesi, infatti, si evidenzia l’emersione di una crescente attenzione delle istituzioni europee nei confronti dei diritti della persona nel processo penale; un’attenzione che, invero, affonda le sue radici nei limiti dei primi interventi normativi dell’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria penale. In un primo momento, infatti, all’indomani del noto vertice di Tampere del 1999, l’azione delle istituzioni europee si dirige verso l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie: il citato principio, divenuto- proprio in occasione del menzionato Consiglio europeo- il fondamento della cooperazione giudiziaria penale, si basa sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri nei rispettivi ordinamenti; l’esistenza di una reciproca fiducia tra i paesi europei avrebbe dovuto permettere la libera circolazione delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri dell’Unione. In realtà l’esperienza della prima, oltreché più nota, applicazione del principio del reciproco riconoscimento dimostra come la menzionata fiducia reciproca tra gli Stati membri non possa essere puramente e semplicemente proclamata, quasi come un dogma: la possibilità che gli ordinamenti nazionali considerino le decisioni giudiziarie degli altri Stati membri come equivalenti alle proprie impone un certo ravvicinamento delle legislazioni nazionali. La vicenda della “decisione quadro del Consiglio sul mandato d’arresto europeo e sulle procedure di consegna tra gli Stati membri” e del relativo recepimento sul piano interno, rappresenta un esempio emblematico di come la reciproca fiducia non possa essere presunta, ma debba essere costruita e di come l’assenza di un armonizzazione delle legislazioni nazionali possa, talvolta, tradursi in un ostacolo al funzionamento del reciproco riconoscimento. Nella tesi di dottorato vengono esaminate, pertanto, le forti resistenze manifestate dal nostro legislatore nei confronti della decisione quadro 2002/584/GAI. La legge 69/2005 e i suoi numerosi esempi di scollamento rispetto ai contenuti della decisione quadro lasciano trasparire chiaramente - nonostante i successivi interventi correttivi operati dalla giurisprudenza di legittimità- il timore, che mediante il riconoscimento delle decisioni giudiziarie le garanzie e i diritti dell’individuo, previsti dal sistema processuale interno, possano essere sacrificati. La vicenda del MAE mette in discussione il funzionamento del principio del reciproco riconoscimento e l’esistenza di una dogmatica fiducia reciproca tra gli Stati membri. Probabilmente, sono proprio le valutazioni a consuntivo di tale esperienza a determinare un mutamento di prospettiva nell’attività delle istituzioni europee. In un contesto istituzionale riformato dal trattato di Lisbona, vedono la luce il Programma di Stoccolma e la tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti processuali di indagati o imputati in procedimenti penali. Tali documenti programmatici sono la chiara manifestazione di una nuova acquisita consapevolezza in capo alle istituzioni eurounitarie: viene chiaramente affermata la necessità di dar vita a un processo di armonizzazione delle legislazioni processuali nazionali, volto a rafforzare quella reciproca fiducia necessaria al funzionamento del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie; una reciproca fiducia che non può presumersi ma che deve essere costruita. Sulla base dei menzionati documenti vengono adottate le prime direttive in materia di diritti processuali. Le direttive, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, oggetto di indagine nella seconda parte della presente tesi di dottorato, contribuiscono a rafforzare, attraverso la predisposizione di norme minime comuni, la fiducia reciproca tra gli Stati membri. Ancorchè connessa al più volte citato rafforzamento del principio del reciproco riconoscimento, l’adozione delle direttive citate rivela anche una rinnovata attenzione dell’Unione nei confronti dei diritti processuali della persona. Le direttive contengono norme minime comuni in materia di diritti e garanzie processuali nel procedimento penale, alle quali deve conformarsi il legislatore nazionale. La seconda parte della tesi di dottorato affronta, pertanto, i contenuti delle due direttive sul diritto all’interpretazione e alla traduzione e sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, nel tentativo di cogliere le possibili ripercussioni delle norme europee sulla disciplina interna.
27-mar-2014
Unione europea; cooperazione giudiziaria penale; mandato d'arresto europeo
Lombardo, . (2014). Diritti processuali e garanzie della persona nella cooperazione giudiziaria penale: tra mutuo riconoscimento e armonizzazione.
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