I1 titolo del presente contributo stabilisce esplicitamente il principio secondo cui non è possibile cogliere appieno problemi e opportunità dell'unione allargata se non si adotta un quadro conceti tuale incentrato sul concetto di 'divisione internazionale del lavoro'. Purtroppo, si tratta di un concetto difficile da utilizzare nel presente contesto, e ciò per due ragioni: da un lato perché si tratta di 4 un concetto in disuso, che richiama dibattiti databili agli anni Sessanta e Settanta, dibattiti che si svolgevano peraltro nel contesto t delle valutazioni del collocamento nella divisione internazionale del lavoro, appunto, tra economie in crescita e ad alto reddito pro capite ed economie che, allora, venivano definite 'in via di svilup- 1 po'; dall'altro, perché si tratta di un concetto non ovvio, viste le diverse definizioni che ne sono state date tanto nella teoria del commercio internazionale che nella pratica della ricerca empirica. 4 La tesi che qui si sostiene è che gli allargamenti successivi dell'Unione Europea, e segnatamente quello conclusosi il primo maggio 2004 e quello previsto per il 2007, abbiano determinato comportamenti di impresa e di governo tali da ridisegnare completamente tanto il quadro che le modalità della 'divisione internazionale del lavoro' che avevano caratterizzato tutto il secondo dopoguer- I ra fino alla caduta del sistema di cambi fissi concedato a Bretton Woods nel 1944. La dimostrazione di questa tesi richiede che nel primo paragrafo si rivisiti il concetto di divisione internazionale del lavoro, allo scopo di rendere chiaro il senso in cui esso va inteso nella fase storica apertasi con il 1989 e, a seguire, con l'adozione dell'Euro come moneta unica da parte di dodici paesi membri dell'unione. L'obiettivo è mostrare che il concetto di 'vantaggio comparato', utilizzato dai teorici del commercio internazionale negli ultimi due secoli, è scarsamente efficace quando si tratta di spiegare le difficoltà e le opportunità in cui si trova l'Unione allargata, esattamente come lo è ormai per lo studio della composizione merceologica e la direzione dei flussi di commercio internazionale. A partire dalle conclusioni del primo paragrafo, il secondo utilizza i concetti di 'integrazione commerciale' e di 'integrazione produttiva' utili a delineare tanto i rapporti (commerciali e produttivi) infra-UE che quelli tra I'UE e il resto del mondo. Qui l'obiettivo è mostrare che i concetti di integrazione commerciale e, soprattutto, produttiva, sostengono un concetto di competitività internazionale basato non più e non tanto sulla divisione internazionale del lavoro in senso classico, quanto sulla riallocazione di processi produttivi manifatturieri verso paesi che soltanto recentemente sono entrati a far parte del mercato mondiale. La tesi è che al processo di integrazione europea si è contrapposta, a partire dal 2001, una politica statunitense del cambio che sta inducendo una progressiva marginalizzazione delle economie dell'area Euro dal processo di crescita mondiale. Ne consegue che la posizione dell'UE nel mondo post-allargamento è ampiamente determinata da scelte di politica economica statunitensi mirate a ridisegnare la divisione internazionale del lavoro, la specializzazione produttiva e la localizzazione delle imprese. Il terzo paragrafo è dedicato alle conclusioni.

Integrazione dell'UE e divisione internazionale del lavoro

SDOGATI, FABIO
2005-01-01

Abstract

I1 titolo del presente contributo stabilisce esplicitamente il principio secondo cui non è possibile cogliere appieno problemi e opportunità dell'unione allargata se non si adotta un quadro conceti tuale incentrato sul concetto di 'divisione internazionale del lavoro'. Purtroppo, si tratta di un concetto difficile da utilizzare nel presente contesto, e ciò per due ragioni: da un lato perché si tratta di 4 un concetto in disuso, che richiama dibattiti databili agli anni Sessanta e Settanta, dibattiti che si svolgevano peraltro nel contesto t delle valutazioni del collocamento nella divisione internazionale del lavoro, appunto, tra economie in crescita e ad alto reddito pro capite ed economie che, allora, venivano definite 'in via di svilup- 1 po'; dall'altro, perché si tratta di un concetto non ovvio, viste le diverse definizioni che ne sono state date tanto nella teoria del commercio internazionale che nella pratica della ricerca empirica. 4 La tesi che qui si sostiene è che gli allargamenti successivi dell'Unione Europea, e segnatamente quello conclusosi il primo maggio 2004 e quello previsto per il 2007, abbiano determinato comportamenti di impresa e di governo tali da ridisegnare completamente tanto il quadro che le modalità della 'divisione internazionale del lavoro' che avevano caratterizzato tutto il secondo dopoguer- I ra fino alla caduta del sistema di cambi fissi concedato a Bretton Woods nel 1944. La dimostrazione di questa tesi richiede che nel primo paragrafo si rivisiti il concetto di divisione internazionale del lavoro, allo scopo di rendere chiaro il senso in cui esso va inteso nella fase storica apertasi con il 1989 e, a seguire, con l'adozione dell'Euro come moneta unica da parte di dodici paesi membri dell'unione. L'obiettivo è mostrare che il concetto di 'vantaggio comparato', utilizzato dai teorici del commercio internazionale negli ultimi due secoli, è scarsamente efficace quando si tratta di spiegare le difficoltà e le opportunità in cui si trova l'Unione allargata, esattamente come lo è ormai per lo studio della composizione merceologica e la direzione dei flussi di commercio internazionale. A partire dalle conclusioni del primo paragrafo, il secondo utilizza i concetti di 'integrazione commerciale' e di 'integrazione produttiva' utili a delineare tanto i rapporti (commerciali e produttivi) infra-UE che quelli tra I'UE e il resto del mondo. Qui l'obiettivo è mostrare che i concetti di integrazione commerciale e, soprattutto, produttiva, sostengono un concetto di competitività internazionale basato non più e non tanto sulla divisione internazionale del lavoro in senso classico, quanto sulla riallocazione di processi produttivi manifatturieri verso paesi che soltanto recentemente sono entrati a far parte del mercato mondiale. La tesi è che al processo di integrazione europea si è contrapposta, a partire dal 2001, una politica statunitense del cambio che sta inducendo una progressiva marginalizzazione delle economie dell'area Euro dal processo di crescita mondiale. Ne consegue che la posizione dell'UE nel mondo post-allargamento è ampiamente determinata da scelte di politica economica statunitensi mirate a ridisegnare la divisione internazionale del lavoro, la specializzazione produttiva e la localizzazione delle imprese. Il terzo paragrafo è dedicato alle conclusioni.
2005
L'unificazione dell'Europa. Opportunità dell'Unione allargata
888855064X
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