La maggioranza degli storici e degli economisti - pur partendo da diverse premesse epistemologiche e approdando, quindi, a differenti risultati - è concorde nel considerare la missione diplomatica guidata da De Gasperi negli USA, nel gennaio del 1947, un autentico crocevia non solo della storia italiana del dopoguerra, ma dell’intera vicenda storica nazionale del XX secolo. La centralità assegnata a questo avvenimento discende, probabilmente, dal fatto che le novità che si produssero successivamente avrebbero orientato l’economia italiana verso la liberalizzazione degli scambi, l’adesione alle istituzioni finanziarie di Bretton Woods, l’accesso al sistema di economia degli aiuti inaugurato dal “Piano Marshall”. Per De Gasperi, che non era un economista di professione, e non era afflitto da visioni preconcette sui problemi dello sviluppo economico, fu infatti costante la preoccupazione di rimettere in moto, il più rapidamente possibile, ed evitando sussulti rivoluzionari, la macchina dell’economia e dell’organizzazione degli apparati statali, disgregati dagli eventi bellici. A tal fine, egli fece leva su uno straordinario realismo, su un notevole intuito politico, su una visione internazionale dei problemi sociali ed economici, su una non comune capacità nella scelta degli uomini e degli interlocutori in grado di assecondare il suo disegno riformistico di lungo periodo. In questa cornice sistemica, il viaggio negli USA si configura come un “punto di arrivo” e, insieme, un “punto di partenza”: un punto di arrivo, in quanto epilogo di un paziente lavorio diplomatico, condotto in prima persona dallo statista trentino, per accreditare all’estero l’immagine di un paese, l’Italia, che intendeva mettere da parte la dolorosa esperienza del fascismo e della guerra; un punto di partenza, in quanto start-up dell’ingresso dell’Italia nella nuova economia multilaterale che si andava edificando sotto lo scudo degli USA. I giudizi sulla missione di de Gasperi in America furono, fin da subito, discordi e spesso fuorviati da considerazioni di natura ideologica, che ignorarono o finsero di ignorare il sistema di vincoli nel quale l’Italia era costretta a muoversi. Da parte nostra riteniamo invece che per valutare appieno il significato in termini economici del viaggio di Gasperi sia necessario inserirlo nel suo specifico contesto storico, caratterizzato dal passaggio, per l’Italia, dalla politica dei primi piani di aiuto (gestiti da autorità straniere, quali l’AMGOT, l’UNRRA, la FEA) a una politica più strutturale di sostegno, che avrebbe avuto nel “Piano Marshall” la sua espressione più compiuta. Alla luce di ciò, l’azione di politica estera di matrice degasperiana sarebbe riuscita ad imporre una chiara direttrice di sviluppo all’economia italiana, ed in quest’ottica la scelta liberista rappresentava una via obbligata, giacché l’alternativa cui l’Italia si trovò di fronte nel dopoguerra non fu quella fra “sviluppo come economia chiusa” e “sviluppo come economia aperta”, ma piuttosto quella fra sviluppo industriale e rinuncia a questo sviluppo. Sulle scelte di politica economica di De Gasperi pesò, senza dubbio, il condizionamento (invero più economico in senso stretto che politico) del partner americano, ma occorre sottolineare che egli - in aderenza ad una sorta di “etica della contingenza” . imboccò l’unica strada in quel momento percorribile per superare le emergenze economico-sociali della ricostruzione e lenire gli squilibri della bilancia dei pagamenti, premesse queste per dare finalmente avvio ad una credibile e duratura politica di riforme strutturali. A suffragio di ciò, emerge dalle nostre ricerche condotte tra le carte della “Segreteria Particolare di De Gasperi” dell’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri e dell’Archivio Centrale dello Stato - oltre che tra i documenti diplomatici del Foreign Relations United States – che non vi è prova certa circa il “pegno” che l’Italia avrebbe dovuto pagare come contropartita degli aiuti ottenuti (e da ottenere) dal governo americano. Di qui l’opportunità di considerare gli esiti del viaggio sotto il profilo dei risultati, in termini economici e diplomatici di breve, medio e lungo termine. Risultati che furono comunque significativi in quanto prodromi dell’entrata del nostro paese negli organismi finanziari e nei piani di cooperazione internazionale e, in prospettiva, della inaugurazione della stagione del “miracolo economico”.

L’opera di Alcide De Gasperi per il reinserimento dell’Italia nel “concerto” economico internazionale: dalle trattative per la pace al viaggio in America del gennaio del 1947

SANTILLO, Marco
2006-01-01

Abstract

La maggioranza degli storici e degli economisti - pur partendo da diverse premesse epistemologiche e approdando, quindi, a differenti risultati - è concorde nel considerare la missione diplomatica guidata da De Gasperi negli USA, nel gennaio del 1947, un autentico crocevia non solo della storia italiana del dopoguerra, ma dell’intera vicenda storica nazionale del XX secolo. La centralità assegnata a questo avvenimento discende, probabilmente, dal fatto che le novità che si produssero successivamente avrebbero orientato l’economia italiana verso la liberalizzazione degli scambi, l’adesione alle istituzioni finanziarie di Bretton Woods, l’accesso al sistema di economia degli aiuti inaugurato dal “Piano Marshall”. Per De Gasperi, che non era un economista di professione, e non era afflitto da visioni preconcette sui problemi dello sviluppo economico, fu infatti costante la preoccupazione di rimettere in moto, il più rapidamente possibile, ed evitando sussulti rivoluzionari, la macchina dell’economia e dell’organizzazione degli apparati statali, disgregati dagli eventi bellici. A tal fine, egli fece leva su uno straordinario realismo, su un notevole intuito politico, su una visione internazionale dei problemi sociali ed economici, su una non comune capacità nella scelta degli uomini e degli interlocutori in grado di assecondare il suo disegno riformistico di lungo periodo. In questa cornice sistemica, il viaggio negli USA si configura come un “punto di arrivo” e, insieme, un “punto di partenza”: un punto di arrivo, in quanto epilogo di un paziente lavorio diplomatico, condotto in prima persona dallo statista trentino, per accreditare all’estero l’immagine di un paese, l’Italia, che intendeva mettere da parte la dolorosa esperienza del fascismo e della guerra; un punto di partenza, in quanto start-up dell’ingresso dell’Italia nella nuova economia multilaterale che si andava edificando sotto lo scudo degli USA. I giudizi sulla missione di de Gasperi in America furono, fin da subito, discordi e spesso fuorviati da considerazioni di natura ideologica, che ignorarono o finsero di ignorare il sistema di vincoli nel quale l’Italia era costretta a muoversi. Da parte nostra riteniamo invece che per valutare appieno il significato in termini economici del viaggio di Gasperi sia necessario inserirlo nel suo specifico contesto storico, caratterizzato dal passaggio, per l’Italia, dalla politica dei primi piani di aiuto (gestiti da autorità straniere, quali l’AMGOT, l’UNRRA, la FEA) a una politica più strutturale di sostegno, che avrebbe avuto nel “Piano Marshall” la sua espressione più compiuta. Alla luce di ciò, l’azione di politica estera di matrice degasperiana sarebbe riuscita ad imporre una chiara direttrice di sviluppo all’economia italiana, ed in quest’ottica la scelta liberista rappresentava una via obbligata, giacché l’alternativa cui l’Italia si trovò di fronte nel dopoguerra non fu quella fra “sviluppo come economia chiusa” e “sviluppo come economia aperta”, ma piuttosto quella fra sviluppo industriale e rinuncia a questo sviluppo. Sulle scelte di politica economica di De Gasperi pesò, senza dubbio, il condizionamento (invero più economico in senso stretto che politico) del partner americano, ma occorre sottolineare che egli - in aderenza ad una sorta di “etica della contingenza” . imboccò l’unica strada in quel momento percorribile per superare le emergenze economico-sociali della ricostruzione e lenire gli squilibri della bilancia dei pagamenti, premesse queste per dare finalmente avvio ad una credibile e duratura politica di riforme strutturali. A suffragio di ciò, emerge dalle nostre ricerche condotte tra le carte della “Segreteria Particolare di De Gasperi” dell’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri e dell’Archivio Centrale dello Stato - oltre che tra i documenti diplomatici del Foreign Relations United States – che non vi è prova certa circa il “pegno” che l’Italia avrebbe dovuto pagare come contropartita degli aiuti ottenuti (e da ottenere) dal governo americano. Di qui l’opportunità di considerare gli esiti del viaggio sotto il profilo dei risultati, in termini economici e diplomatici di breve, medio e lungo termine. Risultati che furono comunque significativi in quanto prodromi dell’entrata del nostro paese negli organismi finanziari e nei piani di cooperazione internazionale e, in prospettiva, della inaugurazione della stagione del “miracolo economico”.
2006
9788889373774
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