Edizione commentata, corredata di introduzione, sussidi interpretativi e bibliografia del romanzo Amore ha cent'occhi di Salvatore Farina. L'opera fu pubblicata per la prima volta nel 1882 nella «Nuova Antologia» del Protonotari e più avanti dalla società editrice Alfredo Brigola e C. (Annibale e Romeo Butti) con la quale Farina strinse un solido rapporto di collaborazione. In Amore ha cent'occhi si legge la storia di una nobile famiglia decaduta di origine sarda (nata dall’unione dei Rodriguez di Florinas con i De Nardi di Ploaghe) che, dinanzi alle disastrose condizioni economico-finanziarie dell'impresa familiare, determinatesi a causa del fallimento di una banca e la disonestà di alcuni capitalisti, decide, dopo la morte della capostipite (la vecchia contessa Veronica Rodriguez De Nardi) e per volontà del conte Cosimo (unico figlio rimasto e ultimo rampollo della dinastia) di lasciare la ricca Milano e di tornare in Sardegna, con tutta la servitù, per ricostruire una ricchezza oramai perduta, amministrando la proprietà fondiaria ricevuta in eredità. Vi si legge già da subito la rappresentazione di un microcosmo le cui trasformazioni e le cui dinamiche interne sono speculari, pur nella finzione letteraria, di una più generale realtà sociale ed economica segnata in quel particolare momento storico dal trapasso (in ritardo rispetto ad altre nazioni europee e non privo invero di talune contraddizioni) dall’egemonia di un gruppo dirigente aristocratico-nobiliare prevalentemente composto dai grandi possidenti agrari, all’ascesa decisiva di un’altra classe, borghese e industriale, legata al rapporto fra capitale e lavoro, più dinamica e intraprendente, più orientata all'investimento produttivo e meno propensa al puro godimento di una ricchezza statica, immobile, fondamentalmente fondiaria. Dopo un esordio ironico e godibile, tutto scenico, intessuto di dialoghi celeri e faceti - prologo «degno della penna di Balzac» - si snoda l’intreccio e il romanzo entra nel vivo. La trama risponde all’esigenza propria del romanzo d’appendice (comparve a puntate e conobbe tempi di composizione diversi), la cui destinazione a un pubblico ampio e composito condiziona il linguaggio e le stesse strutture narrative. Una narrativa di grande consumo che doveva colpire l'immaginazione dei lettori con intrighi, amori, fughe, agguati, travestimenti e con l’agnizione, il riconoscimento finale che scioglie tutti i nodi dell’intreccio. Di qui l’adozione di una particolare tecnica narrativa che, per ovvie ragioni di mercato, tendeva a catturare e mantenere viva l’attenzione dei lettori. Una nutrita galleria di personaggi, variegata e composita per statuto anagrafico, status familiare e sociale, connotazione di classe, di cultura e ambiente, partecipa chiassosa ad un reticolo di relazioni - fattuali e sentimentali - che si caratterizza tuttavia, ancorché eterogenea, per la solidarietà, per l’unitarietà e la condivisione di scopi, di alleanza, di sentimenti e di amicizia. In questo piccolo universo non c'è antagonismo, non c’è contrasto, non c'è conflitto. Si assiste invece alla descrizione, talora puramente ritrattistica e quasi senza sfondo ontologico, di una fauna umana rappacificata con se stessa e con la natura che è, a sua volta, colta nella sua bellezza ancestrale, irripetibile e ferace, partecipe del destino, delle passioni e delle azioni degli uomini. Il podere di «Speranza nostra» e la bianca casa del Mulino di Sassari diventano in tal modo, in quanto nucleo di organizzazione economica e sede delle più disparate attività agricole, modello di razionalità e di raccordo, centro di civiltà e laboriosità, luogo deputato degli affetti in cui ogni membro, senza distinzione di censo, è partecipe del tutto e concorre a determinare una condizione di armonia positiva. Una fauna umana tutta volta, nella sua pragmatica, al raggiungimento di un unico scopo, quello della ricomposizione di un ambiente idillico, amoroso, familiare, campestre; una sorta di locus amoenus imbevuto di serena operosità e di pace, di sane volontà fattive e di coraggio, di molte virtù e di buoni sentimenti. La Sardegna costituisce il milieu, entro cui si dipana l’intrigo ed entro cui si consumano, in un’atmosfera di assorto stupore, le coinvolgenti e appassionate vicende di amicizia e di amore, di laboriosità e sacrificio.

Introduzione Bibliografia Sussidi interpretativi / Manca, Dino Gesuino. - 1:(1997), pp. 1-304.

Introduzione Bibliografia Sussidi interpretativi

MANCA, Dino Gesuino
1997-01-01

Abstract

Edizione commentata, corredata di introduzione, sussidi interpretativi e bibliografia del romanzo Amore ha cent'occhi di Salvatore Farina. L'opera fu pubblicata per la prima volta nel 1882 nella «Nuova Antologia» del Protonotari e più avanti dalla società editrice Alfredo Brigola e C. (Annibale e Romeo Butti) con la quale Farina strinse un solido rapporto di collaborazione. In Amore ha cent'occhi si legge la storia di una nobile famiglia decaduta di origine sarda (nata dall’unione dei Rodriguez di Florinas con i De Nardi di Ploaghe) che, dinanzi alle disastrose condizioni economico-finanziarie dell'impresa familiare, determinatesi a causa del fallimento di una banca e la disonestà di alcuni capitalisti, decide, dopo la morte della capostipite (la vecchia contessa Veronica Rodriguez De Nardi) e per volontà del conte Cosimo (unico figlio rimasto e ultimo rampollo della dinastia) di lasciare la ricca Milano e di tornare in Sardegna, con tutta la servitù, per ricostruire una ricchezza oramai perduta, amministrando la proprietà fondiaria ricevuta in eredità. Vi si legge già da subito la rappresentazione di un microcosmo le cui trasformazioni e le cui dinamiche interne sono speculari, pur nella finzione letteraria, di una più generale realtà sociale ed economica segnata in quel particolare momento storico dal trapasso (in ritardo rispetto ad altre nazioni europee e non privo invero di talune contraddizioni) dall’egemonia di un gruppo dirigente aristocratico-nobiliare prevalentemente composto dai grandi possidenti agrari, all’ascesa decisiva di un’altra classe, borghese e industriale, legata al rapporto fra capitale e lavoro, più dinamica e intraprendente, più orientata all'investimento produttivo e meno propensa al puro godimento di una ricchezza statica, immobile, fondamentalmente fondiaria. Dopo un esordio ironico e godibile, tutto scenico, intessuto di dialoghi celeri e faceti - prologo «degno della penna di Balzac» - si snoda l’intreccio e il romanzo entra nel vivo. La trama risponde all’esigenza propria del romanzo d’appendice (comparve a puntate e conobbe tempi di composizione diversi), la cui destinazione a un pubblico ampio e composito condiziona il linguaggio e le stesse strutture narrative. Una narrativa di grande consumo che doveva colpire l'immaginazione dei lettori con intrighi, amori, fughe, agguati, travestimenti e con l’agnizione, il riconoscimento finale che scioglie tutti i nodi dell’intreccio. Di qui l’adozione di una particolare tecnica narrativa che, per ovvie ragioni di mercato, tendeva a catturare e mantenere viva l’attenzione dei lettori. Una nutrita galleria di personaggi, variegata e composita per statuto anagrafico, status familiare e sociale, connotazione di classe, di cultura e ambiente, partecipa chiassosa ad un reticolo di relazioni - fattuali e sentimentali - che si caratterizza tuttavia, ancorché eterogenea, per la solidarietà, per l’unitarietà e la condivisione di scopi, di alleanza, di sentimenti e di amicizia. In questo piccolo universo non c'è antagonismo, non c’è contrasto, non c'è conflitto. Si assiste invece alla descrizione, talora puramente ritrattistica e quasi senza sfondo ontologico, di una fauna umana rappacificata con se stessa e con la natura che è, a sua volta, colta nella sua bellezza ancestrale, irripetibile e ferace, partecipe del destino, delle passioni e delle azioni degli uomini. Il podere di «Speranza nostra» e la bianca casa del Mulino di Sassari diventano in tal modo, in quanto nucleo di organizzazione economica e sede delle più disparate attività agricole, modello di razionalità e di raccordo, centro di civiltà e laboriosità, luogo deputato degli affetti in cui ogni membro, senza distinzione di censo, è partecipe del tutto e concorre a determinare una condizione di armonia positiva. Una fauna umana tutta volta, nella sua pragmatica, al raggiungimento di un unico scopo, quello della ricomposizione di un ambiente idillico, amoroso, familiare, campestre; una sorta di locus amoenus imbevuto di serena operosità e di pace, di sane volontà fattive e di coraggio, di molte virtù e di buoni sentimenti. La Sardegna costituisce il milieu, entro cui si dipana l’intrigo ed entro cui si consumano, in un’atmosfera di assorto stupore, le coinvolgenti e appassionate vicende di amicizia e di amore, di laboriosità e sacrificio.
1997
88-86229-41-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11388/68165
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