Le decisioni della Corte EDU relative alle prerogative parlamentari italiane si concludono tutte con la condanna dell’Italia per violazione dell’art.6 § 1 CEDU. Quasi tutte queste pronunce riguardano la prerogativa dell’insindacabilità e riconoscono che i terzi offesi dalle dichiarazioni parlamentari ritenute insindacabili sono stati ingiustamente privati del “diritto di accesso ad un giudice”. La Corte europea ravvisa nei casi concreti sottoposti al suo giudizio la violazione del principio di proporzionalità (utilizzo di mezzi non congrui rispetto al fine perseguito). In alcuni di questi casi in ambito nazionale c’era stato il precedente intervento della Corte costituzionale in sede di conflitto di attribuzioni. Ciò ha reso possibile il confronto tra le due Corti, che evidenzia, anche nelle ipotesi apparentemente di maggiore divergenza, una sostanziale comunanza di vedute: la Corte europea decide tenendo conto della giurisprudenza costituzionale ed entrambe le Corti, alla fine, sollecitano un uso più corretto e rigoroso della prerogativa dell’insindacabilità. Alle pronunce CEDU sull’insindacabilità si affianca la decisione relativa all’autodichia, che ritiene la composizione dell’organo di secondo grado della giurisdizione interna della Camera in contrasto con il principio dell’imparzialità oggettiva, soprattutto perché i suoi componenti sono scelti tra i membri dell’Ufficio di Presidenza (che è l’organo competente ad adottare gli atti impugnati nella giurisdizione interna). Anche in questo caso la Corte di Strasburgo tiene conto dei principi fissati dalla Corte costituzionale italiana. La sua decisione di condanna è significativa perché ha indotto la modifica dei regolamenti parlamentari al fine di prevedere un organo di secondo grado della giurisdizione interna composto in modo da non violare i principi convenzionali. La Corte EDU ha così sollecitato l’intervento parlamentare in un settore tradizionalmente sottratto a qualsiasi ingerenza (anche da parte della Corte costituzionale). Le due prerogative parlamentari (insindacabilità e autodichia) non vengono messe in discussione dalla Corte europea, che si limita a comminare una sanzione di tipo pecuniario a titolo di equa soddisfazione (art.41 CEDU). Le decisioni esaminate, quindi, presentano il tipico valore meramente dichiarativo della giurisprudenza CEDU, con un ampio “margine di apprezzamento” a favore dello Stato condannato nella scelta dei mezzi per rimediare alla violazione convenzionale. Ciò in contrasto con la tendenza, di recente rilevata, che ha portato spesso la Corte di Strasburgo ad intervenire in maniera più incisiva nei confronti degli ordinamenti nazionali (con pronunce che richiedono l’adozione di misure di carattere generale per ripristinare la conformità alla CEDU, i cui effetti, quindi, non possono dirsi limitati al caso di specie). Appare, comunque, opportuno l’atteggiamento di tendenziale prudenza che si può cogliere nelle decisioni concernenti l’autonomia parlamentare italiana e che caratterizza la giurisprudenza CEDU tutte le volte in cui va a toccare settori nazionali particolarmente delicati.

La giurisprudenza CEDU sulle prerogative parlamentari italiane

PESOLE, Luciana
2012

Abstract

Le decisioni della Corte EDU relative alle prerogative parlamentari italiane si concludono tutte con la condanna dell’Italia per violazione dell’art.6 § 1 CEDU. Quasi tutte queste pronunce riguardano la prerogativa dell’insindacabilità e riconoscono che i terzi offesi dalle dichiarazioni parlamentari ritenute insindacabili sono stati ingiustamente privati del “diritto di accesso ad un giudice”. La Corte europea ravvisa nei casi concreti sottoposti al suo giudizio la violazione del principio di proporzionalità (utilizzo di mezzi non congrui rispetto al fine perseguito). In alcuni di questi casi in ambito nazionale c’era stato il precedente intervento della Corte costituzionale in sede di conflitto di attribuzioni. Ciò ha reso possibile il confronto tra le due Corti, che evidenzia, anche nelle ipotesi apparentemente di maggiore divergenza, una sostanziale comunanza di vedute: la Corte europea decide tenendo conto della giurisprudenza costituzionale ed entrambe le Corti, alla fine, sollecitano un uso più corretto e rigoroso della prerogativa dell’insindacabilità. Alle pronunce CEDU sull’insindacabilità si affianca la decisione relativa all’autodichia, che ritiene la composizione dell’organo di secondo grado della giurisdizione interna della Camera in contrasto con il principio dell’imparzialità oggettiva, soprattutto perché i suoi componenti sono scelti tra i membri dell’Ufficio di Presidenza (che è l’organo competente ad adottare gli atti impugnati nella giurisdizione interna). Anche in questo caso la Corte di Strasburgo tiene conto dei principi fissati dalla Corte costituzionale italiana. La sua decisione di condanna è significativa perché ha indotto la modifica dei regolamenti parlamentari al fine di prevedere un organo di secondo grado della giurisdizione interna composto in modo da non violare i principi convenzionali. La Corte EDU ha così sollecitato l’intervento parlamentare in un settore tradizionalmente sottratto a qualsiasi ingerenza (anche da parte della Corte costituzionale). Le due prerogative parlamentari (insindacabilità e autodichia) non vengono messe in discussione dalla Corte europea, che si limita a comminare una sanzione di tipo pecuniario a titolo di equa soddisfazione (art.41 CEDU). Le decisioni esaminate, quindi, presentano il tipico valore meramente dichiarativo della giurisprudenza CEDU, con un ampio “margine di apprezzamento” a favore dello Stato condannato nella scelta dei mezzi per rimediare alla violazione convenzionale. Ciò in contrasto con la tendenza, di recente rilevata, che ha portato spesso la Corte di Strasburgo ad intervenire in maniera più incisiva nei confronti degli ordinamenti nazionali (con pronunce che richiedono l’adozione di misure di carattere generale per ripristinare la conformità alla CEDU, i cui effetti, quindi, non possono dirsi limitati al caso di specie). Appare, comunque, opportuno l’atteggiamento di tendenziale prudenza che si può cogliere nelle decisioni concernenti l’autonomia parlamentare italiana e che caratterizza la giurisprudenza CEDU tutte le volte in cui va a toccare settori nazionali particolarmente delicati.
2012
9788824321181
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11391/920754
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