A partire dall'inizio degli anni Ottanta l'industria manifatturiera italiana ha iniziato una fase di ristrutturazione dei propri processi produttivi allo scopo di tenere conto delle indicazioni provenienti dalle intense modificazioni dei prezzi relativi durante gli anni Settanta e dagli associati shock tecnologici. Allo stesso tempo, però, si è compiuto un altrettanto importante cambiamento: durante il corso degli anni Ottanta, le imprese manifatturiere hanno proceduto ad una ristrutturazione finanziaria che le ha spinte verso una drastica riduzione del proprio indebitamento a lungo termine. Infatti, in quota rispetto al fatturato, il debito a lungo termine delle imprese manifatturiere si è ridotto con regolarità dal 17% del 1982 a poco più del 10% nel 1991. Il tentativo di studiare i fattori esplicativi di questo mutamento, cercando di quantificarne gli aspetti principali, ci ha spinto ad un'analisi di tipo panel basata sui dati settoriali delle imprese manifatturiere di fonte Centrale dei Bilanci. Lo studio di una relazione dinamica, che permettesse contemporaneamente analisi di lungo e di breve periodo, ha messo in luce l'importanza dei ritardi di aggiustamento per un esame del rapporto di indebitamento a lungo termine. Infatti, dal nostro lavoro, emerge che le imprese necessitano di un periodo di tempo di circa due anni prima di poter attuare il 90% di un cambiamento desiderato nel livello di indebitamento. Le variabili che paiono spiegare il livello di leverage "desiderato" dalle imprese possono essere sintetizzate nel costo del capitale di debito, nella presenza di fonti alternative di riduzione del reddito imponibile, nella disponibilità di autofinanziamento, nel grado di solvibilità e nel livello di investimenti effettuati. La ricordata importanza del tasso di interesse reale (ovviamente al netto dell'imposizione sul reddito delle società allo scopo di tener conto dell'importante effetto distorsivo esercitato dalla legislazione fiscale a favore del debito), associata ad un processo di aggiustamento piuttosto viscoso verso i livelli desiderati di indebitamento, tende a ribadire la necessità, peraltro nota, che le autorità di politica fiscale e monetaria tengano conto del notevole ruolo che rivestono nell'influenzare le scelte finanziare delle imprese. Ad un secondo stadio del lavoro, si è cercato di modellare le diversità strutturali per ciò che riguarda il rapporto di leverage dei diversi settori industriali. Dallo studio emerge, al riguardo, la rilevanza che il debito riveste nelle imprese tradizionali e caratterizzate da forti economie di scala, che operano in mercati maturi producendo beni a largo consumo. Sono, viceversa, le imprese ad alta intensità tecnologica o caratterizzate da prodotti specializzati e da maggiori opportunità di crescita a dover ricorrere maggiormente all'autofinanziamento. Pur avendo presenti le suddette considerazioni a livello macroeconomico, questo lavoro ha cercato anche di trarre qualche indicazione di tipo microeconomico, dal punto di vista delle imprese. Allo scopo, si è cercato, quindi, di verificare se sia possibile interpretare le scelte finanziarie delle società italiane alla luce dei modelli teorici presentati e discussi in letteratura, modelli molto attenti a fattori, quali le asimmetrie informative, responsabili di dare origine ad ulteriori tipi di discriminazioni tra fonti finanziarie in aggiunta a quelle di natura istituzionale.

Le determinanti del leverage delle imprese: una applicazione empirica ai settori industriali dell'economia italiana

BONTEMPI, Maria Elena;
1996

Abstract

A partire dall'inizio degli anni Ottanta l'industria manifatturiera italiana ha iniziato una fase di ristrutturazione dei propri processi produttivi allo scopo di tenere conto delle indicazioni provenienti dalle intense modificazioni dei prezzi relativi durante gli anni Settanta e dagli associati shock tecnologici. Allo stesso tempo, però, si è compiuto un altrettanto importante cambiamento: durante il corso degli anni Ottanta, le imprese manifatturiere hanno proceduto ad una ristrutturazione finanziaria che le ha spinte verso una drastica riduzione del proprio indebitamento a lungo termine. Infatti, in quota rispetto al fatturato, il debito a lungo termine delle imprese manifatturiere si è ridotto con regolarità dal 17% del 1982 a poco più del 10% nel 1991. Il tentativo di studiare i fattori esplicativi di questo mutamento, cercando di quantificarne gli aspetti principali, ci ha spinto ad un'analisi di tipo panel basata sui dati settoriali delle imprese manifatturiere di fonte Centrale dei Bilanci. Lo studio di una relazione dinamica, che permettesse contemporaneamente analisi di lungo e di breve periodo, ha messo in luce l'importanza dei ritardi di aggiustamento per un esame del rapporto di indebitamento a lungo termine. Infatti, dal nostro lavoro, emerge che le imprese necessitano di un periodo di tempo di circa due anni prima di poter attuare il 90% di un cambiamento desiderato nel livello di indebitamento. Le variabili che paiono spiegare il livello di leverage "desiderato" dalle imprese possono essere sintetizzate nel costo del capitale di debito, nella presenza di fonti alternative di riduzione del reddito imponibile, nella disponibilità di autofinanziamento, nel grado di solvibilità e nel livello di investimenti effettuati. La ricordata importanza del tasso di interesse reale (ovviamente al netto dell'imposizione sul reddito delle società allo scopo di tener conto dell'importante effetto distorsivo esercitato dalla legislazione fiscale a favore del debito), associata ad un processo di aggiustamento piuttosto viscoso verso i livelli desiderati di indebitamento, tende a ribadire la necessità, peraltro nota, che le autorità di politica fiscale e monetaria tengano conto del notevole ruolo che rivestono nell'influenzare le scelte finanziare delle imprese. Ad un secondo stadio del lavoro, si è cercato di modellare le diversità strutturali per ciò che riguarda il rapporto di leverage dei diversi settori industriali. Dallo studio emerge, al riguardo, la rilevanza che il debito riveste nelle imprese tradizionali e caratterizzate da forti economie di scala, che operano in mercati maturi producendo beni a largo consumo. Sono, viceversa, le imprese ad alta intensità tecnologica o caratterizzate da prodotti specializzati e da maggiori opportunità di crescita a dover ricorrere maggiormente all'autofinanziamento. Pur avendo presenti le suddette considerazioni a livello macroeconomico, questo lavoro ha cercato anche di trarre qualche indicazione di tipo microeconomico, dal punto di vista delle imprese. Allo scopo, si è cercato, quindi, di verificare se sia possibile interpretare le scelte finanziarie delle società italiane alla luce dei modelli teorici presentati e discussi in letteratura, modelli molto attenti a fattori, quali le asimmetrie informative, responsabili di dare origine ad ulteriori tipi di discriminazioni tra fonti finanziarie in aggiunta a quelle di natura istituzionale.
1996
Bontempi, Maria Elena; Golinelli, R.
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