Per la prima volta in Italia viene pubblicata la traduzione integrale dell’articolo «Juristen-Sozialismus», scritto da Friedrich Engels e Karl Kautsky e apparso sulla rivista «Die Neue Zeit» nel 1887, pochi anni dopo la morte di Karl Marx. L’articolo, in forma di breve pamphlet, si iscrive nella polemica marxismo-positivismo, che raggiunse accenti particolarmente vivaci verso l’ultimo ventennio dell’Ottocento, nel momento in cui il bersaglio principale dei marxisti, coerentemente con gli assunti del materialismo storico, divenne il tentativo dei riformisti di avviare una politica del diritto avente lo scopo di minimizzare la funzione primaria del fattore economico a favore di una elaborazione giuridica del socialismo. I fautori del riformismo sociale cercarono di realizzare un progetto politico di «transizione controllata dal capitalismo al socialismo» attraverso il riconoscimento di nuovi diritti fondamentali, senza trasformare completamente le contraddizioni dello sfruttamento capitalistico. Su questi presupposti, l’articolo «Juristen-Sozialismus» può essere considerato un piccolo classico sul rapporto tra diritto e marxismo. Gli strali polemici di Engels e Kautsky furono indirizzati alle tesi filosofico-giuridiche di uno dei fondatori del socialismo giuridico Anton Menger, il quale cercò di dimostrare che la teoria economica di Marx era stata mutuata dalla riflessione degli economisti anticapitalistici di scuola ricardiana e che una «elaborazione giuridica del socialismo» passava solo attraverso il riconoscimento di nuovi diritti (il diritto al compenso integrale del lavoro, il diritto all’esistenza, il diritto al lavoro). La replica di Engels e Kautsky fu veemente e Menger fu accusato di essere il fautore di un ingenuo «feticismo della norma», incapace di comprendere che in realtà i diritti umani si limitano a rispecchiare e a ottimizzare le condizioni economiche di una società. L’articolo di Engels e Kautsky ha una grande importanza teorica e politica ed è di impressionante attualità, perché dimostra che anche nell’età odierna, quella denazionalizzata e del capitalismo globale, i dispositivi del consenso borghese continuano ancor oggi a reggersi sul mito secondo il quale i diritti giustificano «una concezione giuridica del mondo».

Il socialismo giuridico (Juristen-Sozialismus)

MAESTRI, Enrico
2015

Abstract

Per la prima volta in Italia viene pubblicata la traduzione integrale dell’articolo «Juristen-Sozialismus», scritto da Friedrich Engels e Karl Kautsky e apparso sulla rivista «Die Neue Zeit» nel 1887, pochi anni dopo la morte di Karl Marx. L’articolo, in forma di breve pamphlet, si iscrive nella polemica marxismo-positivismo, che raggiunse accenti particolarmente vivaci verso l’ultimo ventennio dell’Ottocento, nel momento in cui il bersaglio principale dei marxisti, coerentemente con gli assunti del materialismo storico, divenne il tentativo dei riformisti di avviare una politica del diritto avente lo scopo di minimizzare la funzione primaria del fattore economico a favore di una elaborazione giuridica del socialismo. I fautori del riformismo sociale cercarono di realizzare un progetto politico di «transizione controllata dal capitalismo al socialismo» attraverso il riconoscimento di nuovi diritti fondamentali, senza trasformare completamente le contraddizioni dello sfruttamento capitalistico. Su questi presupposti, l’articolo «Juristen-Sozialismus» può essere considerato un piccolo classico sul rapporto tra diritto e marxismo. Gli strali polemici di Engels e Kautsky furono indirizzati alle tesi filosofico-giuridiche di uno dei fondatori del socialismo giuridico Anton Menger, il quale cercò di dimostrare che la teoria economica di Marx era stata mutuata dalla riflessione degli economisti anticapitalistici di scuola ricardiana e che una «elaborazione giuridica del socialismo» passava solo attraverso il riconoscimento di nuovi diritti (il diritto al compenso integrale del lavoro, il diritto all’esistenza, il diritto al lavoro). La replica di Engels e Kautsky fu veemente e Menger fu accusato di essere il fautore di un ingenuo «feticismo della norma», incapace di comprendere che in realtà i diritti umani si limitano a rispecchiare e a ottimizzare le condizioni economiche di una società. L’articolo di Engels e Kautsky ha una grande importanza teorica e politica ed è di impressionante attualità, perché dimostra che anche nell’età odierna, quella denazionalizzata e del capitalismo globale, i dispositivi del consenso borghese continuano ancor oggi a reggersi sul mito secondo il quale i diritti giustificano «una concezione giuridica del mondo».
2015
978-88-495-3007-0
Marxismo, Diritti fondamentali, Riformismo sociale, Filosofia del diritto, Materialismo storico
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