I sistemi di valutazione delle performance aziendali hanno a lungo focalizzato l’attenzione su fenomeni direttamente rappresentabili in termini economico-finanziari. L’aumento della complessità del sistema azienda ha poi condotto a ricercare strumenti alternativi di rappresentazione dei risultati, tali da evidenziare quelli che non trovano immediato riscontro nelle misure di carattere finanziario, ma che contribuiscono ampiamente a definire il valore generato dall’azienda. In tale contesto, i fattori intangibili hanno assunto un ruolo rilevante nella rappresentazione della performance aziendale. In Italia, gli studi economico-aziendali hanno dedicato molto spazio alle cosiddette “risorse immateriali”, ponendo da sempre il problema dell’analisi del contributo di fattori non tangibili alla determinazione del risultato aziendale. Nel corso degli anni novanta, a seguito dell’aumento dei meccanismi competitivi e della globalizzazione, si è assistito in ambito internazionale ad un fiorire degli studi sui fattori intangibili, nel senso di descriverne gli effetti sulla performance, le modalità di rappresentazione, le caratterizzazione attraverso lo studio di casi. In ambito economico-aziendale, il modello del Capitale Intellettuale (CI) ha costituito uno degli strumenti principali elaborato dalla letteratura per la rappresentazione e la valutazione dei fattori intangibili. I numerosi contributi che si fondano sullo schema teorico del CI risultano essere particolarmente orientati all’analisi di aziende operanti per il mercato (Edvinsson, 1997; Stewart, 1997; Sveiby, 1997; Guthrie, Petty, 2000; Roos, 2005), mentre le aziende operanti nel settore pubblico risultano scarsamente esplorate, e tra queste, in particolare, le aziende che operano nel sistema sanitario. Dall’analisi della letteratura emergono differenti approcci all’analisi del capitale intellettuale, con particolare riferimento agli obiettivi che i diversi studiosi assegnano alla rilevazione dei fattori intangibili. Se per alcuni studiosi l’obiettivo primo nell’indagine del CI è la sua valorizzazione in termini economico-finanziari (Lev, 1999), è altresì vero che esiste un filone di studi più orientato ad esplicitare gli elementi che costituiscono il CI e darne una possibile rappresentazione e misurazione (Sveiby et al., 1998; Guthrie e Petty, 2000; Mouritsen et al. 2001). Secondo l’approccio di studio appena richiamato, assume rilevanza la rappresentazione del capitale intellettuale al fine di assumere consapevolezza delle sue determinanti e di orientare i processi di gestione aziendale verso la massimizzazione della performance. Si tratta quindi di un approccio rivolto al miglioramento dei processi interni all’azienda. Nonostante la letteratura mostri una molteplicità di finalità assegnate alla valutazione del CI, ed una conseguente numerosità di approcci di studio, risulta essere ampiamente condivisa la rappresentazione del CI nelle seguenti categorie di elementi (Edvinsson, 1997; Edvinsson, Malone, 1997; Roos et al., 1997; Sveiby, 1997; Stewart, 1997): 1. Capitale esterno; 2. Capitale interno; 3. Capitale umano. Le tre categorie appena menzionate sono in grado di catturare elementi quali l’innovazione, l’accrescimento di conoscenza, la qualità, le capacità operative, le potenzialità dei dipendenti, la cultura organizzativa, etc. Il capitale intellettuale viene quindi inteso come l’insieme di risorse intangibili che, qualora siano correttamente valorizzate nella gestione aziendale, permettono di incrementare significativamente il valore dell’azienda e l’efficacia delle sue azioni strategiche (Stewart, 1997; Edvinsson e Malone, 1997). Nel contesto delle aziende sanitarie pubbliche, la rappresentazione della performance attraverso i soli dati di natura economico-finanziaria che trovano sintesi nei documenti di bilancio risulta essere scarsamente significativa quando il dibattito è volto a discutere il valore che un’azienda genera nell’ambito del contesto socio-economico di riferimento, quando si ricercano le ragioni della diversità di risultato (di valore percepito) tra aziende che presentano la medesima struttura economico-finanziaria. I risultati ottenibili dalle aziende sanitarie in termini di qualità delle cure, volume delle prestazioni, capacità di attrarre pazienti, immagine, abilità a mantenere ed attrarre professionisti qualificati, possono differenziarsi notevolmente da azienda ad azienda, anche a parità di risorse impiegate. In accordo con quanto affermato da Ross et al. (1997), secondo un orientamento strategico, il capitale intellettuale potrebbe risultare un utile strumento per la creazione e gestione della conoscenza volta ad aumentare il valore dell’azienda. Al fine di perseguire tale obiettivo si ritiene indispensabile che i manager sappiano individuare gli elementi del CI e ne conoscano la loro entità. Come evidenziato dalla letteratura nazionale e internazionale il modello del CI trova ancora limitata applicazione alle aziende pubbliche sia dal punto di vista teorico-concettuale, sia per la scarsità degli studi empirici. Pertanto, la realizzazione di uno studio avente per oggetto la rappresentazione del capitale intellettuale nelle aziende sanitarie pubbliche permette, da un lato, di contribuire a colmare il gap che il dibatto scientifico in materia evidenzia, dall’altro lato, di fornire uno strumento che rappresenti la base per la valutazione della dinamica dei fattori intangibili rispetto alla performance. Lo studio si fonda su un approccio deduttivo-induttivo-deduttivo, tipico delle scienze sociali, e si basa sullo schema teorico-concettuale del CI. Segue l’analisi empirica qualitativa realizzata mediante il metodo del multiple case study condotto su cinque aziende sanitarie della Regione Emilia Romagna nel periodo 2005-2006. Nella sezione 2 viene presentata una sintesi degli studi sul CI che ha condotto all’attuale modello teorico di analisi. La sezione 3 propone il modello di rappresentazione del CI in sanità, così come emerso dall’analisi empirica realizzata con il contributo delle cinque aziende sanitarie e dell’Agenzia Sanitaria della Regione Emilia Romagna. Infine, vengono presentate alcune considerazioni finali.

Il ruolo del Capitale Intellettuale nel sistema di valutazione della performance delle aziende sanitarie

VAGNONI, Emidia
2007

Abstract

I sistemi di valutazione delle performance aziendali hanno a lungo focalizzato l’attenzione su fenomeni direttamente rappresentabili in termini economico-finanziari. L’aumento della complessità del sistema azienda ha poi condotto a ricercare strumenti alternativi di rappresentazione dei risultati, tali da evidenziare quelli che non trovano immediato riscontro nelle misure di carattere finanziario, ma che contribuiscono ampiamente a definire il valore generato dall’azienda. In tale contesto, i fattori intangibili hanno assunto un ruolo rilevante nella rappresentazione della performance aziendale. In Italia, gli studi economico-aziendali hanno dedicato molto spazio alle cosiddette “risorse immateriali”, ponendo da sempre il problema dell’analisi del contributo di fattori non tangibili alla determinazione del risultato aziendale. Nel corso degli anni novanta, a seguito dell’aumento dei meccanismi competitivi e della globalizzazione, si è assistito in ambito internazionale ad un fiorire degli studi sui fattori intangibili, nel senso di descriverne gli effetti sulla performance, le modalità di rappresentazione, le caratterizzazione attraverso lo studio di casi. In ambito economico-aziendale, il modello del Capitale Intellettuale (CI) ha costituito uno degli strumenti principali elaborato dalla letteratura per la rappresentazione e la valutazione dei fattori intangibili. I numerosi contributi che si fondano sullo schema teorico del CI risultano essere particolarmente orientati all’analisi di aziende operanti per il mercato (Edvinsson, 1997; Stewart, 1997; Sveiby, 1997; Guthrie, Petty, 2000; Roos, 2005), mentre le aziende operanti nel settore pubblico risultano scarsamente esplorate, e tra queste, in particolare, le aziende che operano nel sistema sanitario. Dall’analisi della letteratura emergono differenti approcci all’analisi del capitale intellettuale, con particolare riferimento agli obiettivi che i diversi studiosi assegnano alla rilevazione dei fattori intangibili. Se per alcuni studiosi l’obiettivo primo nell’indagine del CI è la sua valorizzazione in termini economico-finanziari (Lev, 1999), è altresì vero che esiste un filone di studi più orientato ad esplicitare gli elementi che costituiscono il CI e darne una possibile rappresentazione e misurazione (Sveiby et al., 1998; Guthrie e Petty, 2000; Mouritsen et al. 2001). Secondo l’approccio di studio appena richiamato, assume rilevanza la rappresentazione del capitale intellettuale al fine di assumere consapevolezza delle sue determinanti e di orientare i processi di gestione aziendale verso la massimizzazione della performance. Si tratta quindi di un approccio rivolto al miglioramento dei processi interni all’azienda. Nonostante la letteratura mostri una molteplicità di finalità assegnate alla valutazione del CI, ed una conseguente numerosità di approcci di studio, risulta essere ampiamente condivisa la rappresentazione del CI nelle seguenti categorie di elementi (Edvinsson, 1997; Edvinsson, Malone, 1997; Roos et al., 1997; Sveiby, 1997; Stewart, 1997): 1. Capitale esterno; 2. Capitale interno; 3. Capitale umano. Le tre categorie appena menzionate sono in grado di catturare elementi quali l’innovazione, l’accrescimento di conoscenza, la qualità, le capacità operative, le potenzialità dei dipendenti, la cultura organizzativa, etc. Il capitale intellettuale viene quindi inteso come l’insieme di risorse intangibili che, qualora siano correttamente valorizzate nella gestione aziendale, permettono di incrementare significativamente il valore dell’azienda e l’efficacia delle sue azioni strategiche (Stewart, 1997; Edvinsson e Malone, 1997). Nel contesto delle aziende sanitarie pubbliche, la rappresentazione della performance attraverso i soli dati di natura economico-finanziaria che trovano sintesi nei documenti di bilancio risulta essere scarsamente significativa quando il dibattito è volto a discutere il valore che un’azienda genera nell’ambito del contesto socio-economico di riferimento, quando si ricercano le ragioni della diversità di risultato (di valore percepito) tra aziende che presentano la medesima struttura economico-finanziaria. I risultati ottenibili dalle aziende sanitarie in termini di qualità delle cure, volume delle prestazioni, capacità di attrarre pazienti, immagine, abilità a mantenere ed attrarre professionisti qualificati, possono differenziarsi notevolmente da azienda ad azienda, anche a parità di risorse impiegate. In accordo con quanto affermato da Ross et al. (1997), secondo un orientamento strategico, il capitale intellettuale potrebbe risultare un utile strumento per la creazione e gestione della conoscenza volta ad aumentare il valore dell’azienda. Al fine di perseguire tale obiettivo si ritiene indispensabile che i manager sappiano individuare gli elementi del CI e ne conoscano la loro entità. Come evidenziato dalla letteratura nazionale e internazionale il modello del CI trova ancora limitata applicazione alle aziende pubbliche sia dal punto di vista teorico-concettuale, sia per la scarsità degli studi empirici. Pertanto, la realizzazione di uno studio avente per oggetto la rappresentazione del capitale intellettuale nelle aziende sanitarie pubbliche permette, da un lato, di contribuire a colmare il gap che il dibatto scientifico in materia evidenzia, dall’altro lato, di fornire uno strumento che rappresenti la base per la valutazione della dinamica dei fattori intangibili rispetto alla performance. Lo studio si fonda su un approccio deduttivo-induttivo-deduttivo, tipico delle scienze sociali, e si basa sullo schema teorico-concettuale del CI. Segue l’analisi empirica qualitativa realizzata mediante il metodo del multiple case study condotto su cinque aziende sanitarie della Regione Emilia Romagna nel periodo 2005-2006. Nella sezione 2 viene presentata una sintesi degli studi sul CI che ha condotto all’attuale modello teorico di analisi. La sezione 3 propone il modello di rappresentazione del CI in sanità, così come emerso dall’analisi empirica realizzata con il contributo delle cinque aziende sanitarie e dell’Agenzia Sanitaria della Regione Emilia Romagna. Infine, vengono presentate alcune considerazioni finali.
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