E’ a tutti noto che le raccolte della maggior parte dei musei italiani musei , nati fra il 1798 e l’età umbertina, e soprattutto a seguito delle demaniazioni postunitarie per fronteggiare l’urgenza di dare ricovero ad opere tolte dalle loro sedi, sono frammentarie, locali, storicamente necessitate e non programmaticamente collezionate, solitamente di tipologia mista, e che le loro sedi sono esse stesse oggetto di demaniazioni e raramente hanno un valore monumentale. L’equivoco esiziale in cui incorrono tali musei è di assumere per sé i modelli di organizzazione, di funzionamento e di comunicazione al pubblico tipici dei grandi stabilimenti stranieri costituiti per effetto di una selettiva attività collezionistica di capolavori delle più diverse provenienze. Indicativo, difatti, è che anche i meno dotati di un patrimonio artistico eclatante pensino ai propri visitatori come ad una folla di esteti e di connoisseurs. Il risultato di un simile approccio si configura come un vero e proprio antimarketing, che spiega bene la difficile sopravvivenza dei piccoli impianti. Il superamento di questo fondamentale ostacolo passa attraverso l’adozione di strategie con le quali conferire corpo di azione tecnica ad una politica museale rispondente alla nozione sistemica di bene culturale, così come definita a partire dagli anni’70 del Novecento, e finalizzata alla soddisfazione di un diritto di cittadinanza alla cultura esteso all’intero corpo sociale come richiesto dalla Costituzione stessa.
La valorizzazione nei musei locali: proposte di intervento per l’adeguamento degli istituti marchigiani agli standard dotazionali e prestazionali
DRAGONI, PATRIZIA
2008-01-01
Abstract
E’ a tutti noto che le raccolte della maggior parte dei musei italiani musei , nati fra il 1798 e l’età umbertina, e soprattutto a seguito delle demaniazioni postunitarie per fronteggiare l’urgenza di dare ricovero ad opere tolte dalle loro sedi, sono frammentarie, locali, storicamente necessitate e non programmaticamente collezionate, solitamente di tipologia mista, e che le loro sedi sono esse stesse oggetto di demaniazioni e raramente hanno un valore monumentale. L’equivoco esiziale in cui incorrono tali musei è di assumere per sé i modelli di organizzazione, di funzionamento e di comunicazione al pubblico tipici dei grandi stabilimenti stranieri costituiti per effetto di una selettiva attività collezionistica di capolavori delle più diverse provenienze. Indicativo, difatti, è che anche i meno dotati di un patrimonio artistico eclatante pensino ai propri visitatori come ad una folla di esteti e di connoisseurs. Il risultato di un simile approccio si configura come un vero e proprio antimarketing, che spiega bene la difficile sopravvivenza dei piccoli impianti. Il superamento di questo fondamentale ostacolo passa attraverso l’adozione di strategie con le quali conferire corpo di azione tecnica ad una politica museale rispondente alla nozione sistemica di bene culturale, così come definita a partire dagli anni’70 del Novecento, e finalizzata alla soddisfazione di un diritto di cittadinanza alla cultura esteso all’intero corpo sociale come richiesto dalla Costituzione stessa.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Dragoni Qualità nel museo.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Documento in post-print (versione successiva alla peer review e accettata per la pubblicazione)
Licenza:
DRM non definito
Dimensione
89.6 kB
Formato
Adobe PDF
|
89.6 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.