Con il termine bonifica biologica si definiscono un insieme di metodiche in grado di usufruire delle capacità metaboliche di microrganismi e/o piante, al fine di recuperare siti contaminati da sostanze pericolose. In caso di forti contaminazioni, tuttavia, la sola stimolazione dei microrganismi autoctoni – mediante aggiunta d’ammendanti e/o tramite aerazione del suolo - risulterebbe troppo lenta. L’aggiunta di un inocula batterico direttamente in suolo o, alternativamente, in piante selezionate al fine di aumentare il potenziale biodegradativo in planta, può aumentare l’efficienza nel recupero del sito contaminato. D’altra parte, la selezione di microrganismi opportuni a tal fine, riveste una fase critica per buon esito di un protocollo. In particolar modo, l’efficienza di degradazione verso i composti interessati, e la non pericolosità per uomo e/o animali, sono due aspetti da tenere in forte considerazione a monte di un loro eventuale sversamento in situ. A questo scopo, un’attenta caratterizzazione di ceppi microbici potenzialmente utilizzabili in protocolli di bonifica biologica appare di fondamentale importanza. Nel nostro laboratorio è stato isolato da una matrice inquinata da IPA un ceppo batterico appartenente al genere Burkholderia, denominato Burkholderia sp. DBT1. Questo ceppo batterico è in grado di trasformare in maniera molto efficiente il dibenzotiofene a HFBT tramite la “via di Kodama”. Lo scopo, quindi, è la caratterizzazione molecolare, filogenetica e funzionale del ceppo B. sp. DBT1 al fine di valutare il suo utilizzo in protocolli di bonifica biologica per il recupero di suoli contaminati da IPA. Gli obiettivi generali della sperimentazione sono stati: - Identificare e sequenziare la regione a valle del frammento genico p51, al fine di valutare la presenza delle sequenze geniche mancanti nella via di degradazione di Kodama. - Condurre uno studio filogenetico del ceppo, al fine di collocare il ceppo DBT1 all’interno di una delle specie di Burkholderia ad oggi conosciute, o se, invece, esso andrà a costituire una nuova specie a se stante. Sarà inoltre fondamentale valutare se esso appartiene ad una specie potenzialmente patogena (e.g. Bcc). - Valutare il potenziale metabolico del ceppo DBT1 verso i composti IPA non solo di natura tiofenica, maggiormente rappresentati nei suoli contaminati da idrocarburi. - Condurre uno studio finalizzato ad una valutazione tossicologica del ceppo DBT1 verso cellule animali e umane. - Caratterizzare, mediante tecniche molecolari e biochimiche, ceppi endofiti isolati da pioppo ibrido - in relazione con il ceppo DBT1 -, potenzialmente utilizzabili in protocolli di bonifica biologica di suoli contaminati da IPA. L’analisi condotta al fine d’identificare la regione a valle del frammento genico p51 ha permesso l’identificazione di due sequenze geniche. Le indagini d’omologia in banche dati hanno permesso di rilevare la funzione dei relativi enzimi. La prima sequenza genica, denominata dbtAa, codifica per la componente ferrodossina reduttasi dell’enzima ISP; mentre la seconda, denominata dbtE, codifica per l’enzima idratasi-aldolasi. Dai risultati ottenuti si può quindi affermare di aver identificato il completo set genico, e quindi enzimatico, coinvolto nella degradazione del DBT mediante il pathway di Kodama all’interno degli operoni p51 e pH1A nel ceppo DBT1. Il soggetto del presente studio, B. sp. DBT1, ha mostrato un’interessante capacità metabolica nei confronti di molecole IPA – dibenzotiofene, fenantrene, naftalene e fluorene - sia se forniti come unica fonte di carbonio ed energia, sia in condizione di cometabolismo. In quest’ultimo processo un composto è degradato da un enzima prodotto da organismi impegnati in altre reazioni e la degradazione del composto inquinante è considerato un evento fortuito, da cui i microrganismi non traggono energia. Di conseguenza, non dovendo supportare la crescita microbica, possono essere degradate anche concentrazioni molto basse d’inquinante. Stabilite le potenzialità metaboliche del ceppo DBT1, è stato importante assicurare la sua non tossicità e pericolosità di un suo eventuale utilizzo. Gli studi tassonomici hanno dimostrato che il ceppo DBT1 appartiene alla specie fungorum, una specie in cui sono presenti alcuni membri che sono stati isolati da uomini e animali affetti da alcuni tipi di patologie. In quanto il ruolo di questi ceppi nel decorso della malattia, a parte per un singolo caso, non è stato ancora determinato, è stato ritenuto importante effettuare uno studio più approfondito al fine di valutare le capacità di produrre tossine da parte del ceppo DBT1 verso sistemi animali e umani. I risultati hanno chiaramente evidenziato che il ceppo DBT1 non è in grado di danneggiare né il potenziale di membrana cellulare, né il gradiente protonico mitocondriale. Da recenti studi, un protocollo di bonifica biologica che ha dimostrato una buon’efficienza nel recupero di siti contaminati è risultato essere l’utilizzo di un sistema in grado di sfruttare la capacità della pianta di assorbire i composti tossici, associata alle capacità degradative dei microrganismi presenti in essa. La caratterizzazione effettuata sui ceppi endofiti isolati da pioppo ha evidenziato la presenza di ceppi IPA degradatori. Tra questi ceppi, dieci appartengono alla specie fungorum uno alla specie sordidicola e l’ultimo identificato con il nome di Burkholderia sp. R-701, un ceppo appartenente alla specie sartisoli. Mentre l’identificazione di specie quali fungorum o sordidicola all’interno d’organismi superiori quali piante e/o funghi sono stati già documentati, per la prima volta si è isolato un ceppo della specie sartisoli in tessuti vegetali. Le successive analisi di PCR hanno sorprendentemente evidenziato la presenza degli operoni pH1A e p51 nei dieci ceppi endofiti di fungorum e nel ceppo R-701. Analisi PCR-DGGE e analisi di restrizione non hanno mostrato variazioni nella sequenza di questi operoni tra i ceppi endofiti, rilevando, tuttavia, una notevole differenza con la sequenza di p51 e pH1A del ceppo DBT1. Le differenze riscontrate tra i ceppi di fungorum isolati dal pioppo ed il ceppo DBT1 non si sono rilevate essere solo a livello genico. Infatti, successive analisi biochimiche e microbiologiche hanno evidenziato che il ceppo DBT1 risulta essere più efficiente nella degradazione del fenantrene e del DBT rispetto ai ceppi endofiti fungorum sopra descritti. Ovviamente, con i dati ad oggi ricavati non si può correlare i diversi genotipi degli operoni p51 e pH1A con le diverse efficienze degradative degli IPA. Questi risultati incoraggiano un possibile utilizzo di DBT1 come ceppo endofita del pioppo, essendo anch’esso appartenente alla specie fungorum. Concludendo, i risultati ottenuti da questo lavoro di tesi incentivano l’utilizzo del ceppo Burkholderia fungorum DBT1 in protocolli di bonifica biologica per il recupero di siti contaminati da composti IPA; e suggerisce una reale fattività di DBT1 come ceppo endofita in pioppo al fine di migliorare la biodegradazione in planta.

Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) are a class of organic compounds that have accumulated in the natural environment mainly as a result of anthropogenic activities. These compounds are largely suspected to act as potential mutagens, teratogens as well as carcinogens. Moreover, their low aqueous solubility and, consequently, their low bioavailability are a great obstacle to microbial degradation. The word “bioremediation” has been used to describe the process of using microorganisms to degrade or remove hazardous compounds and wastes such as PAHs from the environment. Nevertheless, before developing an efficient protocol for bioremediation is necessary to perform an upstream study, in order to isolate, identify and characterize organisms suitable to this purpose. Burkholderia sp. DBT1 is a bacterial strain identified in an oil refinery wastewater which can degrade DBT nearly completely through the Kodama pathway within three days. Aimed to clarify the effective potential and actual utilization of such strain in bioremediation protocol, different aspects of B. sp. DBT1 have been investigated. - Identification of DNA sequences flanking p51 operon: Molecular characterization of strain DBT1 has showed that six of eight genes required for DBT degradation by Kodama pathway are present in two operons – p51 and pH1A. p51 genetic fragment harbor dbtC,Ab,ORF6,ORF7 replicative unit. The sequence of p51 genetic fragment stopped at the end of ORF 7 and the transcription terminator was not yet detected. Therefore, identification of DNA sequence flanking p51 operon was carried out in order to detect possible gene sequence downstream ORF 7. - Taxonomic analysis: Taxonomic status of Burkholderia sp. DBT1 has never been resolved. It is important to remark that several species of Burkholderia can cause food poisoning or can behave as plant and animal pathogens. Furthermore, different strains belonging to the Burkholderia cepacia complex (Bcc) are involved in life-threatening infections of humans such as cystic fibrosis. - Study of PAHs degrading activity: Since normally several organic pollutants contribute together to the contamination at different sites, isolation and characterization of microbes able to use a wide range of PAHs compounds as sole source of carbon and energy are of great interest in order to select useful candidates for applications in bioremediation. - Toxicology and pathogenic analysis: Several Burkholderia species are common soil inhabitants, nevertheless some species of this genus are known as toxin producer. Therefore, some tests will be carried out to even investigate the eco-toxicological safety of strain DBT1 for environmental use. - Study of endophytes bacterial strains: Once it is been clarified the metabolic, taxonomic aspect of strain DBT1, it results very important to set up an efficient protocol for a future application in open field (in situ). A new promise strategy is to use endophitic bacterial equipped with appropriate degradation pathway in order to improve in planta PAHs degradation. Thus, selection and study of bacterial strains able both to degrade PAHs and to colonize host plants (e.g. Aspen) in order to verify the bioremediation potential of plant-endophytic bacteria systems, using both molecular and physiologic analysis. The work here presented has demonstrated that the hydratase-aldolase and ferredoxin reductase sequences, the two genes missing, are collocated downstream the putative sequence ORF 7 within p51 operon. Thus, the missing enzymes have been recovered, demonstrating that the whole set of enzyme involved in Kodama pathway degradation is harbored in p51 and pH1A operons. Moreover, the results so far achieved suggest that the strain DBT1 presents a versatile metabolism towards PAHs, and this is an important trait for the possible use of this strain in environmental clean up. This strain is able to use fluorene, naphtalene, DBT and phenanthrene for growing, although growth on the first two compounds needs a pre-induction. Therefore, it can be suggested that phenanthrene is metabolized through 2-carboxycinnamic acid, phthalic acid and further metabilized in protocatechol. The PAHs degradation can occur even by a co-metabolism process. The application of bacterial strains in environmental clean up is severely subject to another crucial pre-requisites: the ecotoxicological safety of the selected strain and its probative exclusion from pathogenic species such as Burkholderia cepacia complex. The data presented in this study indicate that strain DBT1 can be considered a member of the species fungorum, for which the name Burkholderia fungorum strain DBT1 is here proposed. Since the original report, B. fungorum was identified in a wide range of environment such as soil, plant-associated samples, in infections of the central nervous system of a pig and a deer, and in the respiratory secretions of people with cystic fibrosis. Therefore, the investigation about possible toxic effects by strain DBT1 has been considered of prominent significance in the present study; and bioassay to detect mitochondrial toxicity in mammalian cells by JC-1 and PI staining of human cell lines would be useful to investigate toxic microbial metabolites. Results so far achieved show that B. DBT1 and B. fungorum type strain was unable to damage mitochondrial and human cells membranes. However, it is important to underline that this strategy does not rule out the possibility that the strain investigated might be pathogenic under specific circumstances or on different targets not yet ascertained, such as to substances affecting the synthesis of proteins or nucleic acids or their regulation. Besides, as cited before, the second strategy for a better use the bioremediation potential of plant-endophytic bacteria systems is focused on isolating, identifying and characterizing the bacteria that already exist as bacterial endophytes in plants and which are applyable to phytoremediation protocols. Poplar trees (Populus spp.) are commonly used as phytoremediation tools because they are perennial, hardy, tolerant to high concentration of organic compounds, highly tolerant to flooding, fast growing, easily propagated and have a wide range adaptation. Thus, a careful screening and characterization of endophytes from poplar plants growth on PAHs contaminated soils were carried out. The results obtained confirm that natural bacteria degrading recalcitrant compounds are largely present among endophytic populations of plants growth in contaminated sites, this could mean that endophytes have a role in metabolizing these substances. Moreover, Burkholderia is resulted be the genera mainly involved in PAHs degradation, and fungorum the species more representative. Interestingly, the majorities of these bacteria are involved in phenanthrene and DBT degradation, and harbor p51 and pH1A, the operons formerly identify in DBT1 strain. However, the subsequent DGGE and restriction analysis on these DNA fragments, showed the presence of a single genotype among the endophytic bacteria, but different from DBT1. The difference between strains isolated in Finland and DBT1 is not only at genetic level. In fact, B. sp. DBT1 resulted to be more efficient in the degradation towards PAHs tested, especially in the metabolism of DBT. Moreover, the results suggest the application of B. sp. DBT1 as poplar endophyte. Eventually, the results obtained from this thesis work incentives the use of the strain Burkholderia fungorum DBT1 for a possible exploitation in bioremediation protocols of PHA-contaminated sites; moreover it suggest an actual use of such strain as endophytes in poplar plant in order to improve in planta degradation.

Molecular, phylogenetic and functional characterization of Burkholderia sp. DBT1, a bacterial strain involved in polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) degradation

ANDREOLLI, Marco
2010-01-01

Abstract

Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs) are a class of organic compounds that have accumulated in the natural environment mainly as a result of anthropogenic activities. These compounds are largely suspected to act as potential mutagens, teratogens as well as carcinogens. Moreover, their low aqueous solubility and, consequently, their low bioavailability are a great obstacle to microbial degradation. The word “bioremediation” has been used to describe the process of using microorganisms to degrade or remove hazardous compounds and wastes such as PAHs from the environment. Nevertheless, before developing an efficient protocol for bioremediation is necessary to perform an upstream study, in order to isolate, identify and characterize organisms suitable to this purpose. Burkholderia sp. DBT1 is a bacterial strain identified in an oil refinery wastewater which can degrade DBT nearly completely through the Kodama pathway within three days. Aimed to clarify the effective potential and actual utilization of such strain in bioremediation protocol, different aspects of B. sp. DBT1 have been investigated. - Identification of DNA sequences flanking p51 operon: Molecular characterization of strain DBT1 has showed that six of eight genes required for DBT degradation by Kodama pathway are present in two operons – p51 and pH1A. p51 genetic fragment harbor dbtC,Ab,ORF6,ORF7 replicative unit. The sequence of p51 genetic fragment stopped at the end of ORF 7 and the transcription terminator was not yet detected. Therefore, identification of DNA sequence flanking p51 operon was carried out in order to detect possible gene sequence downstream ORF 7. - Taxonomic analysis: Taxonomic status of Burkholderia sp. DBT1 has never been resolved. It is important to remark that several species of Burkholderia can cause food poisoning or can behave as plant and animal pathogens. Furthermore, different strains belonging to the Burkholderia cepacia complex (Bcc) are involved in life-threatening infections of humans such as cystic fibrosis. - Study of PAHs degrading activity: Since normally several organic pollutants contribute together to the contamination at different sites, isolation and characterization of microbes able to use a wide range of PAHs compounds as sole source of carbon and energy are of great interest in order to select useful candidates for applications in bioremediation. - Toxicology and pathogenic analysis: Several Burkholderia species are common soil inhabitants, nevertheless some species of this genus are known as toxin producer. Therefore, some tests will be carried out to even investigate the eco-toxicological safety of strain DBT1 for environmental use. - Study of endophytes bacterial strains: Once it is been clarified the metabolic, taxonomic aspect of strain DBT1, it results very important to set up an efficient protocol for a future application in open field (in situ). A new promise strategy is to use endophitic bacterial equipped with appropriate degradation pathway in order to improve in planta PAHs degradation. Thus, selection and study of bacterial strains able both to degrade PAHs and to colonize host plants (e.g. Aspen) in order to verify the bioremediation potential of plant-endophytic bacteria systems, using both molecular and physiologic analysis. The work here presented has demonstrated that the hydratase-aldolase and ferredoxin reductase sequences, the two genes missing, are collocated downstream the putative sequence ORF 7 within p51 operon. Thus, the missing enzymes have been recovered, demonstrating that the whole set of enzyme involved in Kodama pathway degradation is harbored in p51 and pH1A operons. Moreover, the results so far achieved suggest that the strain DBT1 presents a versatile metabolism towards PAHs, and this is an important trait for the possible use of this strain in environmental clean up. This strain is able to use fluorene, naphtalene, DBT and phenanthrene for growing, although growth on the first two compounds needs a pre-induction. Therefore, it can be suggested that phenanthrene is metabolized through 2-carboxycinnamic acid, phthalic acid and further metabilized in protocatechol. The PAHs degradation can occur even by a co-metabolism process. The application of bacterial strains in environmental clean up is severely subject to another crucial pre-requisites: the ecotoxicological safety of the selected strain and its probative exclusion from pathogenic species such as Burkholderia cepacia complex. The data presented in this study indicate that strain DBT1 can be considered a member of the species fungorum, for which the name Burkholderia fungorum strain DBT1 is here proposed. Since the original report, B. fungorum was identified in a wide range of environment such as soil, plant-associated samples, in infections of the central nervous system of a pig and a deer, and in the respiratory secretions of people with cystic fibrosis. Therefore, the investigation about possible toxic effects by strain DBT1 has been considered of prominent significance in the present study; and bioassay to detect mitochondrial toxicity in mammalian cells by JC-1 and PI staining of human cell lines would be useful to investigate toxic microbial metabolites. Results so far achieved show that B. DBT1 and B. fungorum type strain was unable to damage mitochondrial and human cells membranes. However, it is important to underline that this strategy does not rule out the possibility that the strain investigated might be pathogenic under specific circumstances or on different targets not yet ascertained, such as to substances affecting the synthesis of proteins or nucleic acids or their regulation. Besides, as cited before, the second strategy for a better use the bioremediation potential of plant-endophytic bacteria systems is focused on isolating, identifying and characterizing the bacteria that already exist as bacterial endophytes in plants and which are applyable to phytoremediation protocols. Poplar trees (Populus spp.) are commonly used as phytoremediation tools because they are perennial, hardy, tolerant to high concentration of organic compounds, highly tolerant to flooding, fast growing, easily propagated and have a wide range adaptation. Thus, a careful screening and characterization of endophytes from poplar plants growth on PAHs contaminated soils were carried out. The results obtained confirm that natural bacteria degrading recalcitrant compounds are largely present among endophytic populations of plants growth in contaminated sites, this could mean that endophytes have a role in metabolizing these substances. Moreover, Burkholderia is resulted be the genera mainly involved in PAHs degradation, and fungorum the species more representative. Interestingly, the majorities of these bacteria are involved in phenanthrene and DBT degradation, and harbor p51 and pH1A, the operons formerly identify in DBT1 strain. However, the subsequent DGGE and restriction analysis on these DNA fragments, showed the presence of a single genotype among the endophytic bacteria, but different from DBT1. The difference between strains isolated in Finland and DBT1 is not only at genetic level. In fact, B. sp. DBT1 resulted to be more efficient in the degradation towards PAHs tested, especially in the metabolism of DBT. Moreover, the results suggest the application of B. sp. DBT1 as poplar endophyte. Eventually, the results obtained from this thesis work incentives the use of the strain Burkholderia fungorum DBT1 for a possible exploitation in bioremediation protocols of PHA-contaminated sites; moreover it suggest an actual use of such strain as endophytes in poplar plant in order to improve in planta degradation.
2010
Burkholderia; polycyclic aromatic hydrocarbons PAHs; pathogenic
Con il termine bonifica biologica si definiscono un insieme di metodiche in grado di usufruire delle capacità metaboliche di microrganismi e/o piante, al fine di recuperare siti contaminati da sostanze pericolose. In caso di forti contaminazioni, tuttavia, la sola stimolazione dei microrganismi autoctoni – mediante aggiunta d’ammendanti e/o tramite aerazione del suolo - risulterebbe troppo lenta. L’aggiunta di un inocula batterico direttamente in suolo o, alternativamente, in piante selezionate al fine di aumentare il potenziale biodegradativo in planta, può aumentare l’efficienza nel recupero del sito contaminato. D’altra parte, la selezione di microrganismi opportuni a tal fine, riveste una fase critica per buon esito di un protocollo. In particolar modo, l’efficienza di degradazione verso i composti interessati, e la non pericolosità per uomo e/o animali, sono due aspetti da tenere in forte considerazione a monte di un loro eventuale sversamento in situ. A questo scopo, un’attenta caratterizzazione di ceppi microbici potenzialmente utilizzabili in protocolli di bonifica biologica appare di fondamentale importanza. Nel nostro laboratorio è stato isolato da una matrice inquinata da IPA un ceppo batterico appartenente al genere Burkholderia, denominato Burkholderia sp. DBT1. Questo ceppo batterico è in grado di trasformare in maniera molto efficiente il dibenzotiofene a HFBT tramite la “via di Kodama”. Lo scopo, quindi, è la caratterizzazione molecolare, filogenetica e funzionale del ceppo B. sp. DBT1 al fine di valutare il suo utilizzo in protocolli di bonifica biologica per il recupero di suoli contaminati da IPA. Gli obiettivi generali della sperimentazione sono stati: - Identificare e sequenziare la regione a valle del frammento genico p51, al fine di valutare la presenza delle sequenze geniche mancanti nella via di degradazione di Kodama. - Condurre uno studio filogenetico del ceppo, al fine di collocare il ceppo DBT1 all’interno di una delle specie di Burkholderia ad oggi conosciute, o se, invece, esso andrà a costituire una nuova specie a se stante. Sarà inoltre fondamentale valutare se esso appartiene ad una specie potenzialmente patogena (e.g. Bcc). - Valutare il potenziale metabolico del ceppo DBT1 verso i composti IPA non solo di natura tiofenica, maggiormente rappresentati nei suoli contaminati da idrocarburi. - Condurre uno studio finalizzato ad una valutazione tossicologica del ceppo DBT1 verso cellule animali e umane. - Caratterizzare, mediante tecniche molecolari e biochimiche, ceppi endofiti isolati da pioppo ibrido - in relazione con il ceppo DBT1 -, potenzialmente utilizzabili in protocolli di bonifica biologica di suoli contaminati da IPA. L’analisi condotta al fine d’identificare la regione a valle del frammento genico p51 ha permesso l’identificazione di due sequenze geniche. Le indagini d’omologia in banche dati hanno permesso di rilevare la funzione dei relativi enzimi. La prima sequenza genica, denominata dbtAa, codifica per la componente ferrodossina reduttasi dell’enzima ISP; mentre la seconda, denominata dbtE, codifica per l’enzima idratasi-aldolasi. Dai risultati ottenuti si può quindi affermare di aver identificato il completo set genico, e quindi enzimatico, coinvolto nella degradazione del DBT mediante il pathway di Kodama all’interno degli operoni p51 e pH1A nel ceppo DBT1. Il soggetto del presente studio, B. sp. DBT1, ha mostrato un’interessante capacità metabolica nei confronti di molecole IPA – dibenzotiofene, fenantrene, naftalene e fluorene - sia se forniti come unica fonte di carbonio ed energia, sia in condizione di cometabolismo. In quest’ultimo processo un composto è degradato da un enzima prodotto da organismi impegnati in altre reazioni e la degradazione del composto inquinante è considerato un evento fortuito, da cui i microrganismi non traggono energia. Di conseguenza, non dovendo supportare la crescita microbica, possono essere degradate anche concentrazioni molto basse d’inquinante. Stabilite le potenzialità metaboliche del ceppo DBT1, è stato importante assicurare la sua non tossicità e pericolosità di un suo eventuale utilizzo. Gli studi tassonomici hanno dimostrato che il ceppo DBT1 appartiene alla specie fungorum, una specie in cui sono presenti alcuni membri che sono stati isolati da uomini e animali affetti da alcuni tipi di patologie. In quanto il ruolo di questi ceppi nel decorso della malattia, a parte per un singolo caso, non è stato ancora determinato, è stato ritenuto importante effettuare uno studio più approfondito al fine di valutare le capacità di produrre tossine da parte del ceppo DBT1 verso sistemi animali e umani. I risultati hanno chiaramente evidenziato che il ceppo DBT1 non è in grado di danneggiare né il potenziale di membrana cellulare, né il gradiente protonico mitocondriale. Da recenti studi, un protocollo di bonifica biologica che ha dimostrato una buon’efficienza nel recupero di siti contaminati è risultato essere l’utilizzo di un sistema in grado di sfruttare la capacità della pianta di assorbire i composti tossici, associata alle capacità degradative dei microrganismi presenti in essa. La caratterizzazione effettuata sui ceppi endofiti isolati da pioppo ha evidenziato la presenza di ceppi IPA degradatori. Tra questi ceppi, dieci appartengono alla specie fungorum uno alla specie sordidicola e l’ultimo identificato con il nome di Burkholderia sp. R-701, un ceppo appartenente alla specie sartisoli. Mentre l’identificazione di specie quali fungorum o sordidicola all’interno d’organismi superiori quali piante e/o funghi sono stati già documentati, per la prima volta si è isolato un ceppo della specie sartisoli in tessuti vegetali. Le successive analisi di PCR hanno sorprendentemente evidenziato la presenza degli operoni pH1A e p51 nei dieci ceppi endofiti di fungorum e nel ceppo R-701. Analisi PCR-DGGE e analisi di restrizione non hanno mostrato variazioni nella sequenza di questi operoni tra i ceppi endofiti, rilevando, tuttavia, una notevole differenza con la sequenza di p51 e pH1A del ceppo DBT1. Le differenze riscontrate tra i ceppi di fungorum isolati dal pioppo ed il ceppo DBT1 non si sono rilevate essere solo a livello genico. Infatti, successive analisi biochimiche e microbiologiche hanno evidenziato che il ceppo DBT1 risulta essere più efficiente nella degradazione del fenantrene e del DBT rispetto ai ceppi endofiti fungorum sopra descritti. Ovviamente, con i dati ad oggi ricavati non si può correlare i diversi genotipi degli operoni p51 e pH1A con le diverse efficienze degradative degli IPA. Questi risultati incoraggiano un possibile utilizzo di DBT1 come ceppo endofita del pioppo, essendo anch’esso appartenente alla specie fungorum. Concludendo, i risultati ottenuti da questo lavoro di tesi incentivano l’utilizzo del ceppo Burkholderia fungorum DBT1 in protocolli di bonifica biologica per il recupero di siti contaminati da composti IPA; e suggerisce una reale fattività di DBT1 come ceppo endofita in pioppo al fine di migliorare la biodegradazione in planta.
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