I risultati dell’inchiesta lessicale e semantica su quaerere e quaestio e sulla terminologia del processo criminale romano possono essere riepilogati nei seguenti punti: a) legislativamente, quaestio era la funzione del praetor (o del iudex quaestionis) mentre iudicium, iudicatio e litis aestimatio quella dei giudici; b) il termine iudicium, nella Lex rep. Tab. Bemb., viene usato per indicare nel suo complesso il processo criminale regolato dalla legge stessa (e quaestio iudicium<q>ue publicum per indicare il processo criminale per giuria in generale); c) nei testi normativi tardorepubblicani, il termine tecnico per indicare i processi criminali per giuria era iudicium publicum (locuzione che, tuttavia, non si può escludere abbia potuto abbracciare anche il processo criminale davanti al popolo, il populi iudicium; quand’anche ciò fosse vero, il riferimento al processo per giuria è quantitativamente schiacciante, anche nella lingua comune); d) quaestio era usata frequentemente come termine alternativo per designare il processo criminale per giuria, là dove non ci fosse rischio di equivoco (specialmente, con l’accezione di quaestio nel senso di tortura giudiziaria). A scanso di equivoci, quaestio era qualificata da aggettivi, specialmente quaestio publica (molto piú raramente quaestio legitima). In coerenza al principio sub a), quaestio si usava di preferenza quando ci si riferiva al pretore (o al iudex quaestionis), di cui era anzi, quanto meno funzionalmente, una prouincia, assegnata a sorte almeno a partire dalla Lex de pecuniis repetundis graccana; e) i Romani (in coerenza ai principi sub a-d) chiamavano iudicium de pecuniis repetundis (oppure, molto piú raramente, quaestio de pecuniis repetundis) ciò che noi chiamiamo quaestio repetundarum, che è una locuzione mai attestata dalle fonti; f) dal punto di vista semantico, quaerere significa «indagare» e quaestio l’«inchiesta» mirante a un giudizio. Conviene dunque servirsi di queste parole nelle traduzioni, specialmente quando il contesto faccia cadere l’accento sull’attività del pretore (o iudex quaestionis); g) essendo la quaestio, il quaerere, un’attività, non è invece giustificato tradurre la parola con «corte» o «tribunale (permanente)»: il latino non presenta casi di quest’uso metonimico e si rischia, servendosene, di offuscare la configurazione dell’istituto romano. Perciò, quando ci si voglia riferire al processo nel suo complesso, conviene partire dal termine usato dai Romani, cioè iudicium (publicum): includendo il riferimento qualificante all’organo giudicante, la locuzione si potrebbe tradurre «giudizio criminale per giuria».

Quaerere, quaestio. Inchiesta lessicale e semantica

MANTOVANI, DARIO GIUSEPPE
2009-01-01

Abstract

I risultati dell’inchiesta lessicale e semantica su quaerere e quaestio e sulla terminologia del processo criminale romano possono essere riepilogati nei seguenti punti: a) legislativamente, quaestio era la funzione del praetor (o del iudex quaestionis) mentre iudicium, iudicatio e litis aestimatio quella dei giudici; b) il termine iudicium, nella Lex rep. Tab. Bemb., viene usato per indicare nel suo complesso il processo criminale regolato dalla legge stessa (e quaestio iudiciumue publicum per indicare il processo criminale per giuria in generale); c) nei testi normativi tardorepubblicani, il termine tecnico per indicare i processi criminali per giuria era iudicium publicum (locuzione che, tuttavia, non si può escludere abbia potuto abbracciare anche il processo criminale davanti al popolo, il populi iudicium; quand’anche ciò fosse vero, il riferimento al processo per giuria è quantitativamente schiacciante, anche nella lingua comune); d) quaestio era usata frequentemente come termine alternativo per designare il processo criminale per giuria, là dove non ci fosse rischio di equivoco (specialmente, con l’accezione di quaestio nel senso di tortura giudiziaria). A scanso di equivoci, quaestio era qualificata da aggettivi, specialmente quaestio publica (molto piú raramente quaestio legitima). In coerenza al principio sub a), quaestio si usava di preferenza quando ci si riferiva al pretore (o al iudex quaestionis), di cui era anzi, quanto meno funzionalmente, una prouincia, assegnata a sorte almeno a partire dalla Lex de pecuniis repetundis graccana; e) i Romani (in coerenza ai principi sub a-d) chiamavano iudicium de pecuniis repetundis (oppure, molto piú raramente, quaestio de pecuniis repetundis) ciò che noi chiamiamo quaestio repetundarum, che è una locuzione mai attestata dalle fonti; f) dal punto di vista semantico, quaerere significa «indagare» e quaestio l’«inchiesta» mirante a un giudizio. Conviene dunque servirsi di queste parole nelle traduzioni, specialmente quando il contesto faccia cadere l’accento sull’attività del pretore (o iudex quaestionis); g) essendo la quaestio, il quaerere, un’attività, non è invece giustificato tradurre la parola con «corte» o «tribunale (permanente)»: il latino non presenta casi di quest’uso metonimico e si rischia, servendosene, di offuscare la configurazione dell’istituto romano. Perciò, quando ci si voglia riferire al processo nel suo complesso, conviene partire dal termine usato dai Romani, cioè iudicium (publicum): includendo il riferimento qualificante all’organo giudicante, la locuzione si potrebbe tradurre «giudizio criminale per giuria».
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11571/217182
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact