L’estetica del rifiuto, una coppia di nomi che potrebbe sembrare un ossimoro: l’arte povera insegna però che la percezione estetica non è un problema di forma ma di attitudine, ‘un’attitudine che diventa forma’ La lezione ci arriva dalle avenguardie: la propensione verso lo scarto materialmente umile ma caricato esteticamente e concettualmente, è il potere della rivoluzione culturale ed economica dell’arte povera, ed è questo potere che bisogna analizzare per poter capire il significato estetico e poetico del rifiuto e delle potenzialità del riuso. L’articolo illustra bervemente come la necessità di sviluppare una lettura eterodossa e quasi blasfema del rifiuto stesso, coltivando un ‘eros with dross ’, un’attrazione per lo scarto, prospettiva che è anche alla base del materialismo astratto del filosofo Slavoj Žižek, ha portato in campi diversi quali la fotografia, l’architettura e l’urbanistica, alla scoperta di una dimensione lirico - estetico - poetica che ha come soggetto il rifiuto stesso. In quest’ ottica sono citati come esemplari le magnifiche fotografie di Edward Burtinsky: immagini di rifiuti, di scarti ammassati, ‘metafore di un dilemma’, come lui stesso le definisce. Il dilemma tra seduzione e paura: la seduzione del trash e la paura che il contenuto dell’immagine razionalizzata ne genera. Qui l’identità del rifiuto, dall’oggetto ammassato al paesaggio, coincide con la sua inutilità, marginalità, scomodità ,improduttività, o pericolosità mentre la sua qualità estetica fluttua nella serialità del prodotto, nella luce, nell’inquadratura, nella saturazione dei colori. Queste immagini rappresentano una risposta estetica appagante e allo stesso tempo ‘oscena’ a montagne di rifiuti, dove l’atto stesso dell’accumulare materia rimossa, che non ha più nessuno scopo, diventa un atto estetizzante basato sulla serialità dello scarto materico, la sua riproposizione continua, la ripetizione esponenziale delle sue caratteristiche e l’esposizione di infinite variazioni sul tema. In architettura un esempio paradigmatico di questo stesso pensiero è il lavoro di Wang Shu e del suo Amateur Architecture Studio. Il loro concetto di rifiuto è strettamente connesso a quello di riuso, passaggio fondamentale perchè concede di passare dalla prospettiva negativa di abbandono e inutilità della scoria a quella strategica e virtuale del riuso che addirittura diventa una specie di firma stilistica e poetica. E se in architettura si parla del riciclo di materiali e tecniche, in urbanistica il grande protagonista del rifiuto è lo spazio nella sua accezione specifica di vuoto. L’esempio citato è quello della Stalking Detroit di Charles Waldheim che ci ha insegnato che anche il vuoto, come rifiuto generato dalla ritrazione del tessuto urbano della città fordista, strategicamente recuperato e pianificato può passare da lutto urbano a strumento di rinascita identitaria con valenze estetico-simboliche. L’articolo si conclude con la considerazione che un’estetica del rifiuto esiste e potrebbe esprimersi, simbolicamente, come cura ed elaborazione dell’abbandono che per mani amorevoli si avvia a nuova vita.

L'estetica del rifiuto

Di Carlo, Ilaria
2014-01-01

Abstract

L’estetica del rifiuto, una coppia di nomi che potrebbe sembrare un ossimoro: l’arte povera insegna però che la percezione estetica non è un problema di forma ma di attitudine, ‘un’attitudine che diventa forma’ La lezione ci arriva dalle avenguardie: la propensione verso lo scarto materialmente umile ma caricato esteticamente e concettualmente, è il potere della rivoluzione culturale ed economica dell’arte povera, ed è questo potere che bisogna analizzare per poter capire il significato estetico e poetico del rifiuto e delle potenzialità del riuso. L’articolo illustra bervemente come la necessità di sviluppare una lettura eterodossa e quasi blasfema del rifiuto stesso, coltivando un ‘eros with dross ’, un’attrazione per lo scarto, prospettiva che è anche alla base del materialismo astratto del filosofo Slavoj Žižek, ha portato in campi diversi quali la fotografia, l’architettura e l’urbanistica, alla scoperta di una dimensione lirico - estetico - poetica che ha come soggetto il rifiuto stesso. In quest’ ottica sono citati come esemplari le magnifiche fotografie di Edward Burtinsky: immagini di rifiuti, di scarti ammassati, ‘metafore di un dilemma’, come lui stesso le definisce. Il dilemma tra seduzione e paura: la seduzione del trash e la paura che il contenuto dell’immagine razionalizzata ne genera. Qui l’identità del rifiuto, dall’oggetto ammassato al paesaggio, coincide con la sua inutilità, marginalità, scomodità ,improduttività, o pericolosità mentre la sua qualità estetica fluttua nella serialità del prodotto, nella luce, nell’inquadratura, nella saturazione dei colori. Queste immagini rappresentano una risposta estetica appagante e allo stesso tempo ‘oscena’ a montagne di rifiuti, dove l’atto stesso dell’accumulare materia rimossa, che non ha più nessuno scopo, diventa un atto estetizzante basato sulla serialità dello scarto materico, la sua riproposizione continua, la ripetizione esponenziale delle sue caratteristiche e l’esposizione di infinite variazioni sul tema. In architettura un esempio paradigmatico di questo stesso pensiero è il lavoro di Wang Shu e del suo Amateur Architecture Studio. Il loro concetto di rifiuto è strettamente connesso a quello di riuso, passaggio fondamentale perchè concede di passare dalla prospettiva negativa di abbandono e inutilità della scoria a quella strategica e virtuale del riuso che addirittura diventa una specie di firma stilistica e poetica. E se in architettura si parla del riciclo di materiali e tecniche, in urbanistica il grande protagonista del rifiuto è lo spazio nella sua accezione specifica di vuoto. L’esempio citato è quello della Stalking Detroit di Charles Waldheim che ci ha insegnato che anche il vuoto, come rifiuto generato dalla ritrazione del tessuto urbano della città fordista, strategicamente recuperato e pianificato può passare da lutto urbano a strumento di rinascita identitaria con valenze estetico-simboliche. L’articolo si conclude con la considerazione che un’estetica del rifiuto esiste e potrebbe esprimersi, simbolicamente, come cura ed elaborazione dell’abbandono che per mani amorevoli si avvia a nuova vita.
2014
gennaio
Di Carlo, Ilaria
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