Se uno degli elementi per valutare il grado di civiltà di un Paese è rappresentato dalla possibilità di intervenire a presidio della decisione ingiusta al fine di scongiurare in via definitiva l’errore giudiziario, occorre prendere atto che il sistema delle impugnazioni rappresenta solo il punto di partenza, al quale è necessario affiancare la funzionalità di altri istituti che, interagendo, permettano un con-trollo non meramente formale della pregressa statuizione. È opportuno, quindi, che le norme in materia di prove e le garanzie a presidio della terzietà ed imparzialità del giudice siano combinate in maniera consona a dotare l’impugnante di strumenti realmente efficienti per rivedere la pregressa decisione. Ecco perché il microcosmo delle impugnazioni, più che essere un arsenale numericamente nutrito, deve rispondere a determinate caratteristiche di funzionalità, miranti ad offrire “qualità” ai singoli modelli: il sistema dei controlli non si risolve, infatti, in alcunché di formalistico, concretando bensì un assieme di meccanismi tutti volti al conseguimento dell’obiettivo della decisione immune da errori. In questa prospettiva trova adeguato fondamento la riflessione critica circa l’inadeguatezza del principio di tassatività e la necessità di ampliare gli ambiti oggettivi delle impugnazioni in simbiosi con il necessario rispetto per i crescenti diritti via via riconosciuti alle parti. Se la concreta attuazione del diritto di difendersi provando, così come sancito a livello nazionale e sovranazionale, si esprime coerentemente dapprima mediante l’attuazione di un contraddittorio sostanziale, non può che derivarne, in seguito, il diritto di contestare quanto deciso: proprio in tale ottica deve esser letta la novità più importante delineata dalla “Legge Pecorella” che assegna –finalmente - d’imperio al giudice di legittimità il controllo giudiziale effettivo sulla correttezza del metodo decisorio sulle sentenze. L’indagine non riguarda tanto il se il ricorso per cassazione in materia penale debba consentire il controllo sul ragionamento probatorio (ciò che i puristi escludono sdegnati, aprioristicamente evocando incursioni sul fatto tali da snaturare l’ impalpabile essenza del giudizio di diritto); la prospettiva è invece quella pragmatica dell’individuazione delle garanzie irrinunciabili per conseguire un livello di controllo tale sul ragionamento probatorio da poter essere considerato adeguato in riferimento agli standards ricostruttivi e argomentativi legislativamente imposti ai giudici di merito per ogni decisione. Nell’immediatezza della riforma del giusto processo c’è stata una presa di posizione, che ancora si perpetua nelle sentenze cinque anni dopo: posto che l’ applicazione delle norme sull’acquisizione probatoria si esaurisce nelle fasi di merito, e che in sede di legittimità si deve accertare solo il pregresso corretto governo di tali norme, le esigenze di economia processuale e di certezza del diritto prevalgono in cassazione sull’aspirazione all’immediata applicabilità delle regole sul giusto processo. In contrario si osserva, intanto, che il giusto processo è stato inserito in Costituzione e da tempo era contemplato nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre le altre esigenze, pur evocate dai giudici di cassazione, non hanno copertura né nazionale né sovranazionale; per l’effetto, non può essere ulteriormente consentito il disinvolto sacrificio dei princìpi costituzionali e sovranazionali sull’altare di esigenze burocratiche contingenti. A livello di princìpi la questione è tutt’altra, dovendosi sciogliere in modo appagante l’enigma se in cassazione possano o meno essere sperimentate limitazioni al giusto processo. E la risposta è nell’incipit dell’art. 111 Cost.: la giurisdizione si attua mediante il giusto processo; e non sono consentite deroghe.

Gli scrupoli del legislatore per l’effettività dei controlli sulla correttezza del metodo probatorio / Gaito, Alfredo. - 1(2006), pp. 265-292.

Gli scrupoli del legislatore per l’effettività dei controlli sulla correttezza del metodo probatorio

GAITO, ALFREDO
2006

Abstract

Se uno degli elementi per valutare il grado di civiltà di un Paese è rappresentato dalla possibilità di intervenire a presidio della decisione ingiusta al fine di scongiurare in via definitiva l’errore giudiziario, occorre prendere atto che il sistema delle impugnazioni rappresenta solo il punto di partenza, al quale è necessario affiancare la funzionalità di altri istituti che, interagendo, permettano un con-trollo non meramente formale della pregressa statuizione. È opportuno, quindi, che le norme in materia di prove e le garanzie a presidio della terzietà ed imparzialità del giudice siano combinate in maniera consona a dotare l’impugnante di strumenti realmente efficienti per rivedere la pregressa decisione. Ecco perché il microcosmo delle impugnazioni, più che essere un arsenale numericamente nutrito, deve rispondere a determinate caratteristiche di funzionalità, miranti ad offrire “qualità” ai singoli modelli: il sistema dei controlli non si risolve, infatti, in alcunché di formalistico, concretando bensì un assieme di meccanismi tutti volti al conseguimento dell’obiettivo della decisione immune da errori. In questa prospettiva trova adeguato fondamento la riflessione critica circa l’inadeguatezza del principio di tassatività e la necessità di ampliare gli ambiti oggettivi delle impugnazioni in simbiosi con il necessario rispetto per i crescenti diritti via via riconosciuti alle parti. Se la concreta attuazione del diritto di difendersi provando, così come sancito a livello nazionale e sovranazionale, si esprime coerentemente dapprima mediante l’attuazione di un contraddittorio sostanziale, non può che derivarne, in seguito, il diritto di contestare quanto deciso: proprio in tale ottica deve esser letta la novità più importante delineata dalla “Legge Pecorella” che assegna –finalmente - d’imperio al giudice di legittimità il controllo giudiziale effettivo sulla correttezza del metodo decisorio sulle sentenze. L’indagine non riguarda tanto il se il ricorso per cassazione in materia penale debba consentire il controllo sul ragionamento probatorio (ciò che i puristi escludono sdegnati, aprioristicamente evocando incursioni sul fatto tali da snaturare l’ impalpabile essenza del giudizio di diritto); la prospettiva è invece quella pragmatica dell’individuazione delle garanzie irrinunciabili per conseguire un livello di controllo tale sul ragionamento probatorio da poter essere considerato adeguato in riferimento agli standards ricostruttivi e argomentativi legislativamente imposti ai giudici di merito per ogni decisione. Nell’immediatezza della riforma del giusto processo c’è stata una presa di posizione, che ancora si perpetua nelle sentenze cinque anni dopo: posto che l’ applicazione delle norme sull’acquisizione probatoria si esaurisce nelle fasi di merito, e che in sede di legittimità si deve accertare solo il pregresso corretto governo di tali norme, le esigenze di economia processuale e di certezza del diritto prevalgono in cassazione sull’aspirazione all’immediata applicabilità delle regole sul giusto processo. In contrario si osserva, intanto, che il giusto processo è stato inserito in Costituzione e da tempo era contemplato nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre le altre esigenze, pur evocate dai giudici di cassazione, non hanno copertura né nazionale né sovranazionale; per l’effetto, non può essere ulteriormente consentito il disinvolto sacrificio dei princìpi costituzionali e sovranazionali sull’altare di esigenze burocratiche contingenti. A livello di princìpi la questione è tutt’altra, dovendosi sciogliere in modo appagante l’enigma se in cassazione possano o meno essere sperimentate limitazioni al giusto processo. E la risposta è nell’incipit dell’art. 111 Cost.: la giurisdizione si attua mediante il giusto processo; e non sono consentite deroghe.
2006
La nuova disciplina delle impugnazioni dopo la “legge Pecorella”
9788859800583
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Gli scrupoli del legislatore per l’effettività dei controlli sulla correttezza del metodo probatorio / Gaito, Alfredo. - 1(2006), pp. 265-292.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/160181
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