L'articolo analizza la figura dell'umpire nel diritto arbitrale inglese ovvero del soggetto chiamato ad assumere la cognizione e la decisione della controversia devoluta in arbitrato allorché i due arbitri nominati in prima battuta dalle parti incorrano in disaccordo. L'A. ripercorre l'evoluzione storica dell'istituto, conosciuto in Inghilterra almeno dal XIX secolo, analizzando in particolare la discutibile prassi applicativa del c.d. arbitrator/advocate: soprattutto in alcuni settori, succedeva, infatti, che gli arbitri designati dalle parti e cessati dalle loro funzioni per effetto del disagreement, istruissero sulla causa l'umpire sopraggiunto, perorando ciascuno le ragioni del proprio nominante (al fine di risparmiare tempo e denaro, poiché in questa maniera non si rendeva necessaria la rinnovazione degli atti pregressi avanti al terzo "giudice privato" intervenuto a dirimere la lite). Quindi, chi prima era stato arbitro, diveniva, nello stesso procedimento, difensore, con grave pregiudizio per il principio di imparzialità. Il vigente Arbitration Act (1996) ha scelto di mantenere in vita la figura dell'umpire, cercando però di apportare alcuni significativi correttivi: la s. 21 prevede che quando le parti hanno convenuto l’eventuale intervento dell’umpire, esse possono altresì determinarne le funzioni, ed in particolare stabilire se egli partecipa al procedimento e indicare i casi in cui si sostituisce agli altri arbitri in qualità di organo giudicante, con il potere di emettere provvedimenti ordinatori e decisori. Nella misura in cui nulla sia convenuto al riguardo, l’umpire partecipa all’intero procedimento e riceve gli stessi documenti ed elementi probatori che vengono assunti dagli altri arbitri (e così è di fatto preclusa la trasformazione dei due party-appointed arbitrators in avvocati), ma spetta a questi ultimi la pronuncia dei provvedimenti ordinatori e decisori inerenti l’arbitrato a meno che e sino a che non insorga tra loro un disaccordo. L'A., pur apprezzando la scelta di mantenere una figura tutto sommato utile, rileva nondimeno che la facoltà riconosciuta ai litiganti di configurare a piacimento i poteri e le funzioni dell’umpire, rischia di offrire nuove speranze di sopravvivenza alla famigerata prassi dell’arbitrator/advocate.

L'umpire nel diritto inglese

ZUFFI, BEATRICE
2004

Abstract

L'articolo analizza la figura dell'umpire nel diritto arbitrale inglese ovvero del soggetto chiamato ad assumere la cognizione e la decisione della controversia devoluta in arbitrato allorché i due arbitri nominati in prima battuta dalle parti incorrano in disaccordo. L'A. ripercorre l'evoluzione storica dell'istituto, conosciuto in Inghilterra almeno dal XIX secolo, analizzando in particolare la discutibile prassi applicativa del c.d. arbitrator/advocate: soprattutto in alcuni settori, succedeva, infatti, che gli arbitri designati dalle parti e cessati dalle loro funzioni per effetto del disagreement, istruissero sulla causa l'umpire sopraggiunto, perorando ciascuno le ragioni del proprio nominante (al fine di risparmiare tempo e denaro, poiché in questa maniera non si rendeva necessaria la rinnovazione degli atti pregressi avanti al terzo "giudice privato" intervenuto a dirimere la lite). Quindi, chi prima era stato arbitro, diveniva, nello stesso procedimento, difensore, con grave pregiudizio per il principio di imparzialità. Il vigente Arbitration Act (1996) ha scelto di mantenere in vita la figura dell'umpire, cercando però di apportare alcuni significativi correttivi: la s. 21 prevede che quando le parti hanno convenuto l’eventuale intervento dell’umpire, esse possono altresì determinarne le funzioni, ed in particolare stabilire se egli partecipa al procedimento e indicare i casi in cui si sostituisce agli altri arbitri in qualità di organo giudicante, con il potere di emettere provvedimenti ordinatori e decisori. Nella misura in cui nulla sia convenuto al riguardo, l’umpire partecipa all’intero procedimento e riceve gli stessi documenti ed elementi probatori che vengono assunti dagli altri arbitri (e così è di fatto preclusa la trasformazione dei due party-appointed arbitrators in avvocati), ma spetta a questi ultimi la pronuncia dei provvedimenti ordinatori e decisori inerenti l’arbitrato a meno che e sino a che non insorga tra loro un disaccordo. L'A., pur apprezzando la scelta di mantenere una figura tutto sommato utile, rileva nondimeno che la facoltà riconosciuta ai litiganti di configurare a piacimento i poteri e le funzioni dell’umpire, rischia di offrire nuove speranze di sopravvivenza alla famigerata prassi dell’arbitrator/advocate.
2004
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