Il saggio riguarda il rapporto tra “scrittura” e “architettura” nelle lunghe durate della storia dell'arte di costruire attraverso un confronto tra opere drasticamente lontane quali il Complesso funerario di Djoser a Saqqara, costruito all’inizio della terza dinastia (tra 2691 a.C. e il 2625 a.C) e un progetto veneziano di John Hejduk del 1978. Le due opere a confronto sono forse le più adatte a esemplificare il funzionamento strettamente iconografico dell'architettura e la sua evoluzione (non progressiva) distinta da quella tecnologica. Il saggio costituisce una breve dimostrazione di una teoria dell'immagine in architettura e di una teoria dell'architettura in quanto immagine. Il tema dell'architettura in quanto immagine è colto e definito nel saggio da un punto di vista concretamente antropologico e semiotico, in netta opposizione alle tendenze mistificanti (generalmente di carattere ontologico) che fanno molta mostra nella letteratura disciplinare in lingua italiana e inglese. Tesi disciplinare del saggio è che solo uno studio antropologico e semiotico dei dispositivi di "rappresentatività" dell'architettura spiega l'efficacia delle sua pratiche di rappresentazione grafica o plastica.

Tipologia/tipografia: da quando si legge l'architettura

GAY, FABRIZIO
2013-01-01

Abstract

Il saggio riguarda il rapporto tra “scrittura” e “architettura” nelle lunghe durate della storia dell'arte di costruire attraverso un confronto tra opere drasticamente lontane quali il Complesso funerario di Djoser a Saqqara, costruito all’inizio della terza dinastia (tra 2691 a.C. e il 2625 a.C) e un progetto veneziano di John Hejduk del 1978. Le due opere a confronto sono forse le più adatte a esemplificare il funzionamento strettamente iconografico dell'architettura e la sua evoluzione (non progressiva) distinta da quella tecnologica. Il saggio costituisce una breve dimostrazione di una teoria dell'immagine in architettura e di una teoria dell'architettura in quanto immagine. Il tema dell'architettura in quanto immagine è colto e definito nel saggio da un punto di vista concretamente antropologico e semiotico, in netta opposizione alle tendenze mistificanti (generalmente di carattere ontologico) che fanno molta mostra nella letteratura disciplinare in lingua italiana e inglese. Tesi disciplinare del saggio è che solo uno studio antropologico e semiotico dei dispositivi di "rappresentatività" dell'architettura spiega l'efficacia delle sua pratiche di rappresentazione grafica o plastica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/145090
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