Se è vero che il modello duale di regionalismo non è mai stato un paradigma che abbia ispirato il Costituente e non è neppure ricavabile da una lettura logico-sistematica della Costituzione, tanto più dopo la riforma del Titolo V; se è vero che il principio di differenziazione è strettamente consustanziale al principio autonomistico e ne rappresenta un portato ineludibile, nella misura in cui l'autonomia venga correttamente intesa come un valore giuridico, oltre che come un potente fattore politico di democratizzazione dell'ordinamento; se è vero ancora che l'uniformità degli ordinamenti delle regioni di diritto comune è frutto del processo di implementazione delle disposizioni costituzionali e, in particolare, delle scelte discrezionali compiute dal legislatore statale e dai legislatori statutari regionali ma è anche conseguenza di interi corpi di giurisprudenza costituzionale; si tratta di verificare se l'art. 116, comma 3, della Costituzione, come formulato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sinora mai applicato, sia la via preferibile da percorrere per realizzare pienamente e finalmente, in Italia, un regionalismo differenziato. Invero, lo spazio per la legislazione regionale si va sempre più riducendo, dovendo spesso la legge regionale disciplinare rapporti giuridici che sono già destinatari di una disciplina europea e di una legislazione statale. Discipline europee e statali che sono spesso frutto di competenze normative a carattere trasversale e quindi sono idonee a incidere anche in materie astrattamente di competenza legislativa regionale. In tale quadro, il decentramento territoriale autonomistico, si può accentuare in modo significativo e incisivo solo sul piano delle competenze amministrative. Pertanto, la differenziazione tra gli ordinamenti delle regioni di diritto comune e il conseguente superamento dell'assetto duale del regionalismo italiano, così come si è andato sinora configurando, potrebbe avverarsi, piuttosto che attraverso una difficile attuazione dell'art. 116 terzo comma della Costituzione, soprattutto attraverso: una legislazione statale e regionale di conferimento delle funzioni amministrative che tenga finalmente in debito conto i principî di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione; una significativa revisione degli statuti ordinari di seconda generazione che valorizzi le istanze autonomistiche e di partecipazione popolare; un aumento della capacità impositiva degli enti territoriali autonomi e un allentamento dei vincoli di spesa, nel rispetto del patto di stabilità e delle esigenze di equilibrio dei bilanci

La crisi del modello duale di regionalismo in Italia

Fulvio Pastore
2018-01-01

Abstract

Se è vero che il modello duale di regionalismo non è mai stato un paradigma che abbia ispirato il Costituente e non è neppure ricavabile da una lettura logico-sistematica della Costituzione, tanto più dopo la riforma del Titolo V; se è vero che il principio di differenziazione è strettamente consustanziale al principio autonomistico e ne rappresenta un portato ineludibile, nella misura in cui l'autonomia venga correttamente intesa come un valore giuridico, oltre che come un potente fattore politico di democratizzazione dell'ordinamento; se è vero ancora che l'uniformità degli ordinamenti delle regioni di diritto comune è frutto del processo di implementazione delle disposizioni costituzionali e, in particolare, delle scelte discrezionali compiute dal legislatore statale e dai legislatori statutari regionali ma è anche conseguenza di interi corpi di giurisprudenza costituzionale; si tratta di verificare se l'art. 116, comma 3, della Costituzione, come formulato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sinora mai applicato, sia la via preferibile da percorrere per realizzare pienamente e finalmente, in Italia, un regionalismo differenziato. Invero, lo spazio per la legislazione regionale si va sempre più riducendo, dovendo spesso la legge regionale disciplinare rapporti giuridici che sono già destinatari di una disciplina europea e di una legislazione statale. Discipline europee e statali che sono spesso frutto di competenze normative a carattere trasversale e quindi sono idonee a incidere anche in materie astrattamente di competenza legislativa regionale. In tale quadro, il decentramento territoriale autonomistico, si può accentuare in modo significativo e incisivo solo sul piano delle competenze amministrative. Pertanto, la differenziazione tra gli ordinamenti delle regioni di diritto comune e il conseguente superamento dell'assetto duale del regionalismo italiano, così come si è andato sinora configurando, potrebbe avverarsi, piuttosto che attraverso una difficile attuazione dell'art. 116 terzo comma della Costituzione, soprattutto attraverso: una legislazione statale e regionale di conferimento delle funzioni amministrative che tenga finalmente in debito conto i principî di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione; una significativa revisione degli statuti ordinari di seconda generazione che valorizzi le istanze autonomistiche e di partecipazione popolare; un aumento della capacità impositiva degli enti territoriali autonomi e un allentamento dei vincoli di spesa, nel rispetto del patto di stabilità e delle esigenze di equilibrio dei bilanci
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