Essere padri detenuti rientra nella categoria di genitorialità a rischio, in quanto la condizione di detenzione fa venire meno alcuni aspetti fondamentali dell’esercizio della funzione genitoriale. L’ingresso in carcere interrompe ed altera la natura reciproca dello scambio comunicativo e interattivo genitore-figlio. Un padre detenuto non può esercitare nella pienezza fisica, spaziale e temporale il proprio ruolo di genitore, non essendo nelle condizioni di garantire la trasmissione al/la figlio/a di quel senso di attaccamento, fiducia e sicurezza fondamentale per la sua crescita. Su un ulteriore livello di analisi va considerato che stereotipi e pregiudizi possono contribuire a creare una rappresentazione culturalmente condivisa del detenuto stesso come soggetto incapace di essere un buon genitore. Ciò potrebbe determinare un vissuto di fallimento e di inadeguatezza rispetto alla percezione di sé come padre e rispetto al proprio ruolo genitoriale L’assenza, inoltre, (nella maggior parte dei casi degli individui in stato di detenzione) di modelli di riferimento adeguati, le condizioni iniziali di svantaggio, la povertà di strumenti cognitivi, comunicativi e relazionali disponibili, uniti all’esperienza di un contesto restrittivo quale il carcere, rendono difficile la costruzione e il mantenimento di un legame fra padre-figlio adeguato alle esigenze di sviluppo del minore. Quindi la condizione di detenzione altera: a) la dimensione relazionale genitore-figlio/a; b) la rappresentazione e il vissuto che il soggetto ha come di sé come padre/genitore. Non possono, pertanto, sussistere dubbi sull’importanza di interventi correttivi rispetto a tali dinamiche negative e, sull’importanza di iniziative di supporto ai soggetti detenuti ed alle loro famiglie, fra le quali vi sono ad esempio, la predisposizione di luoghi e tempi per gli incontri tra genitore detenuto e figli, adatti a recuperare e mantenere una continuità di rapporti ed a stabilire e promuovere una responsabilità genitoriale da parte del soggetto recluso. Obbiettivi della ricerca: –Verificare l’auto-percezione del ruolo paterno – Verificare lo stile di attaccamento dei padri in stato di detenzione – Esplorare la relazione tra modalità di auto-percezione del ruolo paterno e pattern di attaccamento dei partecipanti alla ricerca. Metodo: Sono state coinvolte le Direzioni delle Amministrazioni Penitenziarie di due regioni italiane: Puglia ed Emilia Romagna. Sono stati arruolati 150 detenuti di sesso maschile, a cui è stato richiesto il consenso alla ricerca ed a cui è stato somministrato un articolato questionario anamnestico e due strumenti di valutazione delle competenze genitoriali. Strumenti: ASQ- Attachment Style Questionnaire (Feeney, Noller, Hanrahan, 1994) ARP-Questionario sull’Autopercezione del Ruolo Paterno (MacPhee, Benson, Bullock, 1986). Considerazioni Finali: È nota la capacità dei minori di instaurare attaccamenti multipli profondi con persone che, pur non appartenendo alla cerchia familiare ristretta, si dimostrano disponibili e preparati a rispondere ai loro segnali. Da ciò deriva la rilevanza della rete sociale che circonda il minore nel suo processo di crescita ed, in particolare, della rete sociale dei minori che sono figli di genitori detenuti, e ciò anche alla luce dei più recenti orientamenti di politica criminale nel settore dell’esecuzione penale, che spostano sempre più le problematiche derivanti da una detenzione dal ristretto ambito carcerario allo spazio più allargato del territorio. A ciò si associa la correlazione tra il successo di strategie rieducative in carcere ed il mantenimento di una buona relazione tra detenuto figli e famiglia, dal momento che le modalità dell’esecuzione della pena investono con le proprie ripercussioni non solo il soggetto che le subisce ma, in modo altrettanto incisivo, il contesto sociale che lo circonda e la famiglia in primo luogo.

Paternità e Carcere: Primi risultati di una ricerca su Genitorialità e Stato Detentivo

GRATTAGLIANO, IGNAZIO;TAURINO, Alessandro;Cassibba, Rosalinda;OSTUNI, ALESSIO;CATANESI, Roberto
2015-01-01

Abstract

Essere padri detenuti rientra nella categoria di genitorialità a rischio, in quanto la condizione di detenzione fa venire meno alcuni aspetti fondamentali dell’esercizio della funzione genitoriale. L’ingresso in carcere interrompe ed altera la natura reciproca dello scambio comunicativo e interattivo genitore-figlio. Un padre detenuto non può esercitare nella pienezza fisica, spaziale e temporale il proprio ruolo di genitore, non essendo nelle condizioni di garantire la trasmissione al/la figlio/a di quel senso di attaccamento, fiducia e sicurezza fondamentale per la sua crescita. Su un ulteriore livello di analisi va considerato che stereotipi e pregiudizi possono contribuire a creare una rappresentazione culturalmente condivisa del detenuto stesso come soggetto incapace di essere un buon genitore. Ciò potrebbe determinare un vissuto di fallimento e di inadeguatezza rispetto alla percezione di sé come padre e rispetto al proprio ruolo genitoriale L’assenza, inoltre, (nella maggior parte dei casi degli individui in stato di detenzione) di modelli di riferimento adeguati, le condizioni iniziali di svantaggio, la povertà di strumenti cognitivi, comunicativi e relazionali disponibili, uniti all’esperienza di un contesto restrittivo quale il carcere, rendono difficile la costruzione e il mantenimento di un legame fra padre-figlio adeguato alle esigenze di sviluppo del minore. Quindi la condizione di detenzione altera: a) la dimensione relazionale genitore-figlio/a; b) la rappresentazione e il vissuto che il soggetto ha come di sé come padre/genitore. Non possono, pertanto, sussistere dubbi sull’importanza di interventi correttivi rispetto a tali dinamiche negative e, sull’importanza di iniziative di supporto ai soggetti detenuti ed alle loro famiglie, fra le quali vi sono ad esempio, la predisposizione di luoghi e tempi per gli incontri tra genitore detenuto e figli, adatti a recuperare e mantenere una continuità di rapporti ed a stabilire e promuovere una responsabilità genitoriale da parte del soggetto recluso. Obbiettivi della ricerca: –Verificare l’auto-percezione del ruolo paterno – Verificare lo stile di attaccamento dei padri in stato di detenzione – Esplorare la relazione tra modalità di auto-percezione del ruolo paterno e pattern di attaccamento dei partecipanti alla ricerca. Metodo: Sono state coinvolte le Direzioni delle Amministrazioni Penitenziarie di due regioni italiane: Puglia ed Emilia Romagna. Sono stati arruolati 150 detenuti di sesso maschile, a cui è stato richiesto il consenso alla ricerca ed a cui è stato somministrato un articolato questionario anamnestico e due strumenti di valutazione delle competenze genitoriali. Strumenti: ASQ- Attachment Style Questionnaire (Feeney, Noller, Hanrahan, 1994) ARP-Questionario sull’Autopercezione del Ruolo Paterno (MacPhee, Benson, Bullock, 1986). Considerazioni Finali: È nota la capacità dei minori di instaurare attaccamenti multipli profondi con persone che, pur non appartenendo alla cerchia familiare ristretta, si dimostrano disponibili e preparati a rispondere ai loro segnali. Da ciò deriva la rilevanza della rete sociale che circonda il minore nel suo processo di crescita ed, in particolare, della rete sociale dei minori che sono figli di genitori detenuti, e ciò anche alla luce dei più recenti orientamenti di politica criminale nel settore dell’esecuzione penale, che spostano sempre più le problematiche derivanti da una detenzione dal ristretto ambito carcerario allo spazio più allargato del territorio. A ciò si associa la correlazione tra il successo di strategie rieducative in carcere ed il mantenimento di una buona relazione tra detenuto figli e famiglia, dal momento che le modalità dell’esecuzione della pena investono con le proprie ripercussioni non solo il soggetto che le subisce ma, in modo altrettanto incisivo, il contesto sociale che lo circonda e la famiglia in primo luogo.
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