Il gesuita genovese Giovanni Battista Pastorini (1650-1732), finora noto quasi esclusivamente come autore del sonetto Genova mia, se con asciutto ciglio, appare ora, alla luce di una piú precisa ricostruzione del profilo biografico e intellettuale, una figura di rilievo nel panorama letterario tra Sei e Settecento, e in particolare nella storia del dantismo gesuitico. Cultore di Dante, di cui favorí la lettura tra gli studenti dei collegi loyolani, egli compose tra l’altro le Bellezze dantesche, un commento parziale (e inedito) alla Commedia, della quale propone la spiegazione letterale di alcuni passi scelti dell’Inferno e del Paradiso. Si tratta di un abbozzo sperimentale, ovvero del pionieristico tentativo di procurare uno strumento, poi sempre piú perfezionato nel corso del tempo, in grado di soddisfare la moderna esigenza di promuovere lo studio di Dante, soprattutto a livello scolastico. E mentre funge da archetipo del piú organico commento del Venturi, il lavoro del Pastorini testimonia altresí il grado di evoluzione raggiunto da quella linea “filodantesca” elaborata alla fine del Cinquecento da Roberto Bellarmino con l’intento di riportare il poeta fiorentino e la sua opera nell’orizzonte ideologico della Compagnia di Gesù

Giovanni Battista Pastorini e il confronto su Dante all'interno della Compagnia di Gesù (con notizie intorno al suo commento inedito alla "Commedia")

Marzo Antonio
2017-01-01

Abstract

Il gesuita genovese Giovanni Battista Pastorini (1650-1732), finora noto quasi esclusivamente come autore del sonetto Genova mia, se con asciutto ciglio, appare ora, alla luce di una piú precisa ricostruzione del profilo biografico e intellettuale, una figura di rilievo nel panorama letterario tra Sei e Settecento, e in particolare nella storia del dantismo gesuitico. Cultore di Dante, di cui favorí la lettura tra gli studenti dei collegi loyolani, egli compose tra l’altro le Bellezze dantesche, un commento parziale (e inedito) alla Commedia, della quale propone la spiegazione letterale di alcuni passi scelti dell’Inferno e del Paradiso. Si tratta di un abbozzo sperimentale, ovvero del pionieristico tentativo di procurare uno strumento, poi sempre piú perfezionato nel corso del tempo, in grado di soddisfare la moderna esigenza di promuovere lo studio di Dante, soprattutto a livello scolastico. E mentre funge da archetipo del piú organico commento del Venturi, il lavoro del Pastorini testimonia altresí il grado di evoluzione raggiunto da quella linea “filodantesca” elaborata alla fine del Cinquecento da Roberto Bellarmino con l’intento di riportare il poeta fiorentino e la sua opera nell’orizzonte ideologico della Compagnia di Gesù
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