Nel corso del X sec. nei Balcani si stabilì per la prima volta un confine fra la Slavia latina e la Slavia ortodossa. Nel canato bulgaro, tradizionalmente chiamato primo impero bulgaro, si creò una struttura ecclesiastica slava, sul modello della tradizione bizantina, che usava lo slavo ecclesiastico (chiamato anche paleobulgaro), come lingua della chiesa e della cultura. Questo processo sembrò giungere a compimento fra il 917 e il 918, quando l’imperatore bulgaro Simeon, realizzando antiche spinte autonomistiche, fece elevare l’arcivescovo di Preslav, la nuova capitale del khanato, a patriarca della chiesa autocefala bulgara. Il primo impero bulgaro, espandendosi, non solo aveva messo in crisi l'egemonia bizantina nell'area macedone, ma aveva esteso la sua influenza fino alla Dalmazia, abitata da popolazioni latine, soprattutto nelle città, e da popolazioni slave, recentemente convertite, entrando in conflitto con il regno di Croazia. In questa area, in particolare nella diocesi di Nin (Nona), dipendente direttamente da Roma, per influenza del clero di formazione metodiana si stava radicando allo stesso tempo l'uso dello slavo nella liturgia. La chiesa bulgara era diventata ormai il centro propulsore della liturgia slava, sempre più legata a Bisanzio, e nella sua espansione entrava in conflitto con la gerarchia, che Roma aveva stabilito nell'area, sviluppando una maggior presa sulle popolazioni slave proprio tramite l'uso dello slavo. Come in passato il clero germanico si era battuto contro le ingerenze di Metodio nel «proprio territorio», allo stesso modo il clero latino della Dalmazia vide nell'espansione del cristianesimo bizantino-slavo in Dalmazia una minaccia alla propria autorità. Nel 925 sotto l’egida del papato romano si riuniva un sinodo a Spalato, in cui veniva istituito l’omonimo arcivescovato, che comprendeva la Dalmazia, l’Istria e Cattaro, che determinò in capo a tre anni la scomparsa del vescovato di Nin, probabilmente troppo aperto alle influenze bizantino-slave. Il sinodo di Spalato confermò e rafforzò il processo di latinizzazione della diocesi, cercando di limitare il più possibile l'uso dello slavo nella liturgia e riaffermando l'uso del latino nella liturgia. La giurisidizione della chiesa bulgara, che aveva adottato lo slavo, seguendo il rito bizantino, si estendeva già in quegli anni all’area di Raska (Novi Pazar), che diventò in seguito il nucleo della Serbia medievale. La sua diffusione rappresentava una minaccia all’espansione del cristianesimo latino dall’area dalmata, in cui si conservava comunque la memoria della tradizione metodiana dell’uso liturgico dello slavo, sopravvissuta nella liturgia glagolitica di tradizione latina. Si cominciò così a delineare un confine, segnato in primo luogo dalla circolazione dei libri liturgici in alfabeto latino e in alfabeto cirillico, che finì per emarginare progressivamente il glagolitico, progettato come alfabeto di tutti gli slavi.

Ocrida, Spalato e la questione dello slavo nella liturgia fra X e XI sec / M.Garzaniti. - STAMPA. - (2008), pp. 63-80.

Ocrida, Spalato e la questione dello slavo nella liturgia fra X e XI sec.

GARZANITI, MARCELLO
2008

Abstract

Nel corso del X sec. nei Balcani si stabilì per la prima volta un confine fra la Slavia latina e la Slavia ortodossa. Nel canato bulgaro, tradizionalmente chiamato primo impero bulgaro, si creò una struttura ecclesiastica slava, sul modello della tradizione bizantina, che usava lo slavo ecclesiastico (chiamato anche paleobulgaro), come lingua della chiesa e della cultura. Questo processo sembrò giungere a compimento fra il 917 e il 918, quando l’imperatore bulgaro Simeon, realizzando antiche spinte autonomistiche, fece elevare l’arcivescovo di Preslav, la nuova capitale del khanato, a patriarca della chiesa autocefala bulgara. Il primo impero bulgaro, espandendosi, non solo aveva messo in crisi l'egemonia bizantina nell'area macedone, ma aveva esteso la sua influenza fino alla Dalmazia, abitata da popolazioni latine, soprattutto nelle città, e da popolazioni slave, recentemente convertite, entrando in conflitto con il regno di Croazia. In questa area, in particolare nella diocesi di Nin (Nona), dipendente direttamente da Roma, per influenza del clero di formazione metodiana si stava radicando allo stesso tempo l'uso dello slavo nella liturgia. La chiesa bulgara era diventata ormai il centro propulsore della liturgia slava, sempre più legata a Bisanzio, e nella sua espansione entrava in conflitto con la gerarchia, che Roma aveva stabilito nell'area, sviluppando una maggior presa sulle popolazioni slave proprio tramite l'uso dello slavo. Come in passato il clero germanico si era battuto contro le ingerenze di Metodio nel «proprio territorio», allo stesso modo il clero latino della Dalmazia vide nell'espansione del cristianesimo bizantino-slavo in Dalmazia una minaccia alla propria autorità. Nel 925 sotto l’egida del papato romano si riuniva un sinodo a Spalato, in cui veniva istituito l’omonimo arcivescovato, che comprendeva la Dalmazia, l’Istria e Cattaro, che determinò in capo a tre anni la scomparsa del vescovato di Nin, probabilmente troppo aperto alle influenze bizantino-slave. Il sinodo di Spalato confermò e rafforzò il processo di latinizzazione della diocesi, cercando di limitare il più possibile l'uso dello slavo nella liturgia e riaffermando l'uso del latino nella liturgia. La giurisidizione della chiesa bulgara, che aveva adottato lo slavo, seguendo il rito bizantino, si estendeva già in quegli anni all’area di Raska (Novi Pazar), che diventò in seguito il nucleo della Serbia medievale. La sua diffusione rappresentava una minaccia all’espansione del cristianesimo latino dall’area dalmata, in cui si conservava comunque la memoria della tradizione metodiana dell’uso liturgico dello slavo, sopravvissuta nella liturgia glagolitica di tradizione latina. Si cominciò così a delineare un confine, segnato in primo luogo dalla circolazione dei libri liturgici in alfabeto latino e in alfabeto cirillico, che finì per emarginare progressivamente il glagolitico, progettato come alfabeto di tutti gli slavi.
2008
9788884537706
Contributi italiani al XIV Congresso Internazionale degli Slavisti (Ohrid, 10 - 16 settembre 2008).
63
80
M.Garzaniti
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