Nel sistema di credenze tradizionali dei Sámi, sono entità ctonie quali ulddat e gufihttarat ad aver donato lo joik agli esseri umani. Attraverso questa pratica vocale, i Sámi continuano ancora oggi a relazionarsi con l’ambiente circostante codificando e trasmettendo un complesso organo di saperi ecologici, credenze ancestrali e attività rituali che contribuiscono a tracciare un’immanente presenza del sacro nel paesaggio. Ogni angolo della tundra artica è abitato e attraversato da un cospicuo novero di spiriti reciprocamente associati alle componenti naturali di questa landa sconfinata. Maestose alture (bassevárit) e insolite formazioni rocciose (sieiddit) rappresentano da tempo immemore dimore privilegiate degli spiriti – e per questo luoghi propizi per l’incontro tra i Sámi e tali entità. Si tratta di siti spesso individuati in funzione di straordinarie proprietà acustiche capaci di fornire qualità ultraterrene agli eventi sonori che in essi hanno vita. A partire da una prospettiva archeoacustica sviluppata nell’ambito della fenomenologia indigena, questo saggio analizza le qualità risonanti della roccia come prerogativa imprescindibile per la manifestazione e l’interazione con gli spiriti, nonché per l’individuazione ierofonica di “teatri” rituali nel paesaggio naturale. Rilievi ecoacustici e testimonianze orali documentate sul campo orientano la narrazione attraverso casi passati e presenti di interazione musicale tra Sámi e spiriti ctoni del Sápmi. Il contributo intende fare particolare luce sulle strategie di re-interpretazione simbolica sollecitate, nell’ambito della relazione con gli spiriti, da fattori esterni alla tradizione quali i conflitti connessi allo smantellamento coloniale di siti sacri e alla più ampia crisi ambientale globale.
Lo spirito nella roccia. Tracce ierofoniche dalla tundra indigena europea
Nicola Renzi
2023
Abstract
Nel sistema di credenze tradizionali dei Sámi, sono entità ctonie quali ulddat e gufihttarat ad aver donato lo joik agli esseri umani. Attraverso questa pratica vocale, i Sámi continuano ancora oggi a relazionarsi con l’ambiente circostante codificando e trasmettendo un complesso organo di saperi ecologici, credenze ancestrali e attività rituali che contribuiscono a tracciare un’immanente presenza del sacro nel paesaggio. Ogni angolo della tundra artica è abitato e attraversato da un cospicuo novero di spiriti reciprocamente associati alle componenti naturali di questa landa sconfinata. Maestose alture (bassevárit) e insolite formazioni rocciose (sieiddit) rappresentano da tempo immemore dimore privilegiate degli spiriti – e per questo luoghi propizi per l’incontro tra i Sámi e tali entità. Si tratta di siti spesso individuati in funzione di straordinarie proprietà acustiche capaci di fornire qualità ultraterrene agli eventi sonori che in essi hanno vita. A partire da una prospettiva archeoacustica sviluppata nell’ambito della fenomenologia indigena, questo saggio analizza le qualità risonanti della roccia come prerogativa imprescindibile per la manifestazione e l’interazione con gli spiriti, nonché per l’individuazione ierofonica di “teatri” rituali nel paesaggio naturale. Rilievi ecoacustici e testimonianze orali documentate sul campo orientano la narrazione attraverso casi passati e presenti di interazione musicale tra Sámi e spiriti ctoni del Sápmi. Il contributo intende fare particolare luce sulle strategie di re-interpretazione simbolica sollecitate, nell’ambito della relazione con gli spiriti, da fattori esterni alla tradizione quali i conflitti connessi allo smantellamento coloniale di siti sacri e alla più ampia crisi ambientale globale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.